Marino contro lo sciopero bianco della metro: "Lo fanno perché non vogliono timbrare il cartellino"

A Roma sciopero bianco dei mezzi pubblici. L'istituto Bruno Leoni: "Reato di interruzione di pubblico servizio"

 Marino contro lo sciopero bianco della metro: "Lo fanno perché non vogliono timbrare il cartellino"

“Oggi, ed è accaduto anche nelle giornate passate, c’è stato un servizio scadente nelle nostre metropolitane che ha danneggiato la vita dei romani e delle romane e dei tanti turisti che vengono nella nostra città ogni giorno. Io temo che si tratti di comportamenti individuali, di singoli macchinisti che danneggiano con il loro comportamento l’immagine dell’azienda e la vita delle persone”. Il sindaco di Roma Ignazio Marino, con un video pubblicato su Facebook, se la prende contro lo sciopero bianco che gli autisti delle metro stanno portando avanti da giorni.

“Questo – spiega il sindaco - probabilmente accade perché ho preteso che da poche settimane i macchinisti timbrino il cartellino in entrata e uscita così come fanno tutte le persone escono di casa la mattina e tornano la sera. Per questo motivo ho chiesto al dottor Micheli, il nuovo direttore generale dell’Atac, che ha la mia massima fiducia di mettere in moto tutti gli strumenti necessari per scoprire la verità”. Ma sul sito della municipalizzata del trasporto pubblico si può già leggere che i rallentamenti dipendono da azioni individuali “dovute all’applicazione anche al personale operativo del sistema automatico di rilevazione delle presenze”. Marino rivendica per Roma il diritto “di avere una metropolitana, anzi tre, che funzionano come quelle di una Capitale di un Paese del G7” e considera “inaccettabile che i macchinisti a Milano guidano 1100 ore, a Napoli 950 e a Roma solo poco più di 700 ore l’anno”.

In un editoriale dell’Istituto Bruno Leoni, di ispirazione liberale, si ravvisa perfino il reato di interruzione del pubblico servizio perché il legittimo diritto di sciopero, a termini di legge, impone il rispetto di determinate formalità. “Formalità che, a Roma, - si legge nell’articolo - sono state bellamente ignorate: nessuno ha dato preavviso, nessuno ha apertamente indetto uno sciopero, la Commissione nazionale per gli scioperi non ha certificato un servizio minimo garantito. Cosa diremmo di un’azienda privata che, ricevuta in appalto la fornitura di un servizio essenziale, decidesse unilateralmente di smettere di occuparsene, per spuntare un contratto migliore? Nessuno “assolverebbe” il proprietario o il manager dell’impresa”. Questo accade “nonostante un articolo del codice penale che qualifica tale comportamento come reato, nonostante una legge che prevede quali sono le forme di contestazione legittime, nonostante un’autorità indipendente chiamata a sorvegliare sul rispetto di tale legge”, attaccano dal Bruno Leoni che si chiede anche perché queste regole “vengano bellamente ignorate”.

“L’amara risposta – conclude l’Istituto - sta nel fatto che le relazioni sociali e industriali nel nostro paese sono stabilite a prescindere dalle ‘regole’. I sindacati le invocano per gli altri: ma quelle che riguardano loro non sono che un accidente passeggero”.

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