Marmo senza braccia né gambe

Nella mostra «Intersezioni» i disabili scolpiti con crudo realismo da Marc Quinn hanno per cornice antiche statue mutile

Marmo senza braccia né gambe

Mentre assistiamo alle imprese di Oscar Pistorius, il quattrocentista sudafricano con arti inferiori artificiali, al museo del parco archeologico di Scolacium (Roccelletta di Borgia, Catanzaro), fra i resti di statue romane sono esposte alcune sculture di Marc Quinn, l’artista inglese che scolpisce nudi di focomelici. C’è, per esempio, il marmo che raffigura tale Peter Hull, e sta in mezzo a due sculture di maggiorenti romani trovate nel parco: e se il disabile non ha le gambe e le braccia (oltre alle vesti), le due antiche sculture sono acefale (una è anche senza avambracci) e con vesti riccamente drappeggiate.
Quinn, 43enne artista inglese, ha già fatto scalpore esponendo la statua di una focomelica incinta (Anna Lapper pregnant è il titolo dell’opera), a Trafalgar Square, per oltre un anno. Come a voler creare, nel cuore storico di Londra, un contrasto fra la retorica del potere britannico, vittorioso nella battaglia navale su Napoleone a Trafalgar, e la donna senza arti che si mostra nell’intimità di una gravidanza coraggiosa ma problematica anche esteticamente. Pur attingendo all’umanità più sfortunata, Quinn non indulge in effetti alla Freaks (per citare un film), al particolare disturbante. Almeno non in questo contesto (chi ha dimenticato Gino De Dominicis che espose un ragazzo down alla Biennale di Venezia?). E il risultato plastico e levigato dei suoi disabili di marmo candido emerge ancora di più al fianco delle sculture romane che in qualche modo li trasfigurano e interpretano. In mezzo alle sculture romane amputate dalle ingiurie del tempo, i marmi di Quinn sembrano acquistare il fascino di un frammento antico, di una bellezza classica. Così come seducente è la Venere di Milo, cui mancano le braccia. Così come un’eventuale statua dell’atleta Pistorius (con o senza arti al carbonio?) avrebbe una dignità eroica al fianco dei resti scultorei degli atleti dell’antica Grecia. Insomma: Quinn gioca a ribaltare il rapporto tra realtà e ritratto, tra soggetto raffigurato e risultato artistico anche incidentale.
La manifestazione nella quale è inserito l’intervento di Quinn s’intitola «Intersezioni» (fino al 14 ottobre, www.intersezioni.org). Giunta alla terza edizione, ampiamente sostenuta dalle istituzioni pubbliche calabre, in passato ha richiamato artisti di rilievo internazionale (da Antony Gormley a Jan Fabre). Quest’anno, oltre a Quinn, vede la partecipazione di Stephan Balkenhol, scultore del legno, e Wim Delvoye, famoso per i tatuaggi sui maiali. Entrambi, come Quinn, usano stili del passato su soggetti contemporanei: Balkenhol, 50 anni, tedesco, per i suoi ritratti lignei che si rifanno all’arte rinascimentale nordeuropea (sono in mostra anche al PAC di Milano); Delvoye, 42 anni, belga, per i macchinari da cantiere in ferro e con fregi gotici. Immerso tra ulivi secolari, il parco archeologico di Scolacium, colonia romana e ancor prima greca, come ha sottolineato il curatore della mostra, Alberto Fiz, non rappresenta un luogo espositivo neutro, come una sala di museo. Ma dialoga suggestivamente e con le opere esposte: il museo dell’oleificio industriale con le figure di legno di Balkenhol; il foro romano con le betoniere e i camion gotici di Delvoye; i frammenti scultorei del museo con i focomelici di Quinn.

Altri «dialoghi» sono quelli del teatro romano con la testa di Darth Fener, il cattivo di Guerre Stellari (una grande scultura di Quinn, in cemento, intitolata Totem), e con i torsi in bronzo della serie Flesh (Carne), sempre dell’artista inglese.

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