Matteoli: "Le sue battaglie? Estranee ad An"

Il ministro delle Infrastrutture ed ex aennino: «Gianfranco ha cambiato retroterra culturale. Immigrazione, testamento biologico: non è roba nostra. Chi non riconosce Berlusconi come leader se ne faccia una ragione»

Gli orsi dormono. Il ministro Altero Matteoli, toscanaccio con suocera abruzzese, guarda le montagne di Rocca di Cambio che hanno smesso di borbottare. Un po’ più lontana, L’Aquila è ancora una cicatrice. Il motivo per cui viaggia da queste parti è il via libera alla galleria Serralunga. Sono anni che se ne parla, da quando Gianni Letta era un giovane cronista. L’8 aprile partono i lavori. Matteoli dice che la colpa è degli orsi. Gli orsi? «Vabbè, gli ambientalisti. Tutto bloccato per non disturbare il sonno dei marsicani. La verità è che sono meno di tre chilometri di lavori, ma collegano due autostrade, da Rocca a Campo Felice. Chi abita qui risparmia 40 minuti». E gli orsi? «Se ne faranno una ragione».
Questa intervista naturalmente non parla di orsi. È un viaggio nel territorio Pdl, dove c’è chi fa fughe in avanti, chi teme le turbolenze e chi cerca un equilibrio. Il punto centrale si trova in An e nella sua metamorfosi dopo la fusione. Qui c’è Fini, il suo vecchio partito e magari anche gli orsi.
Chi dice che gli stranieri sono diversi è uno stronzo?
«Lo penso anch’io. Ma che c’entra? Chi lo ha detto?».
Fini.
«Davvero?».
Sorpreso?
«Per il linguaggio. Non è da lui. Ma in fondo è diventato un termine così diffuso che ha coinvolto perfino Gianfranco».
L’immigrazione sta diventando la battaglia di Fini.
«Lo vedo».
È d’accordo?
«Sono d’accordo con Fini quando dice che chi nasce o cresce qui, in questo Paese, è italiano. Non importa il sangue del padre e della madre. Sul resto dobbiamo confrontarci e discutere».
La Lega non ha gradito.
«Immagino».
Teme che questo dibattito crei tensioni nella maggioranza?
«È così. Dobbiamo prenderne atto».
Fini sta viaggiando da solo?
«Fini solleva delle questioni. Bisogna riconoscere a Gianfranco la capacità di fare i conti con il proprio passato. Nel Movimento sociale ha storicizzato il fascismo. Con An ha storicizzato l’Msi e con il Pdl...».
Ha storicizzato il «berlusconismo»?
«No, Alleanza nazionale».
Ministro, con storicizzato intende archiviato?
«Storicizzare significa mettere un punto».
E andare a capo.
«Sì. Spiego. Cicchitto nell’intervista di ieri ha detto: Fini ha come retroterra la storia politica di An. Mi chiedo se questo retroterra ci sia ancora».
Cioè?
«Le questioni culturali e politiche sollevate da Fini non appartengono alla storia di An. Il testamento biologico, l’immigrazione... Se vogliamo erano più un humus di Forza Italia, dove c’è sempre stata una forte componente laica. Non è roba nostra».
Lo strappo di Fini?
«Strappo, svolta, una spinta in avanti. Dico solo che il retroterra di Fini è cambiato».
Colpa di «Farefuturo»?
«Colpa? Qui non ci sono colpe. Un politico, secondo me, ha il dovere di dare certezze. Ascolta, valuta, poi decide. Gli intellettuali, le fondazioni, anche quando il presidente è un leader politico, hanno il dovere del dubbio, seminare incertezze. Fanno il loro mestiere. L’importante è che il dibattito venga discusso e digerito all’interno del partito».
Cicchitto dice che l’onorevole Perina, direttore del «Secolo», non doveva presentare una legge insieme con l’opposizione. La sua firma accanto a quella di Veltroni.
«Queste cose di solito si discutono prima. Se non lo ha fatto ha sbagliato. È stato un errore».
Ma nel Pdl esiste una corrente antiberlusconiana?
«Non credo proprio. E soprattutto è assurdo pensare che Fini sia il capo di questa corrente. Gianfranco è troppo intelligente per fare una fronda antiberlusconiana. Fini non è antiberlusconiano e conosce bene i rapporti di forza all’interno del partito. E poi, che senso ha combattere contro il premier?».
Prendere il suo posto.
«Semmai accadesse, sarebbe una vittoria di Pirro, un “muoia Sansone e tutti i filistei”, un suicidio politico per tutto il Pdl».
Fini non è antiberlusconiano. E i finiani?
«Finiani?».
Qualcuno nel partito li accusa di essere degli ultrà, più realisti del re.
«Gli ultrà non mi piacciono nel calcio, figuriamoci in politica».
Ma chi sono gli ultrà di Fini?
«Di ultrà ha parlato lei. Io non li conosco. Non so neppure se esistono davvero. Chi non accetta la leadership di Berlusconi è antidemocratico».
Addirittura. Il Pdl partito caserma?
«Ma quale caserma. La leadership di Berlusconi non è mica scritta nello statuto. Non arriva per privilegio regale. Berlusconi è il capo del partito perché lo dicono gli elettori.

Nessuno ha mai preso i voti che ha conquistato lui. An era un partito del 14 per cento. Il Pdl sfiora il 40 per cento. Non c’è altro da dire. Si chiama democrazia».
E gli antiberlusconiani?
«Come gli orsi se ne faranno una ragione».

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