Il medico di Welby al giudice: non staccate la spina

Il Tribunale rinvia la decisione sul ricorso per sospendere la terapia. La moglie: Piergiorgio peggiora, sta malissimo

Patricia Tagliaferri

da Roma

Dovrà aspettare ancora Piergiorgio Welby per sapere se la legge gli consentirà di mettere fine alle sue sofferenze. La sentenza che aspettava ieri non c’è stata: il giudice del Tribunale civile di Roma, Angela Salvio, che si deve pronunciare sulla sua richiesta di poter sospendere il trattamento sanitario che lo tiene in vita, si è riservata la decisione. Ha una settimana di tempo a disposizione, ma tutti - i Radicali che hanno preso parte all’udienza, la moglie e la sorella di Welby - si augurano che la risposta arrivi al più presto. Le condizioni del copresidente dell’Associazione Luca Coscioni sono peggiorate nelle ultime ore e una settimana, per lui, può sembrare un’eternità. «Welby conta le ore, ogni minuto e ogni secondo, che gravano sul suo corpo, sulla sua anima e sulla sua intelligenza - commenta Rita Bernardini, segretario dei Radicali, davanti al tribunale - è una tortura e uno stillicidio per la sofferenza che sta patendo». Anche la sorella di Welby, Carla, si augura che il giudice stringa i tempi: «Mio fratello è determinatissimo, ma una settimana di tempo è troppo lunga. Aspettiamo fiduciosi la decisione del magistrato». Mina, la moglie di Welby, in tribunale non c’è. Lei non può lasciare il marito neppure un minuto da quando le sue condizioni si sono aggravate: «Sta malissimo», dice.
Sul tavolo del giudice ci sono tutte le carte necessarie per pronunciarsi su un tema così delicato. In udienza non sono stati sollecitati altri pareri o perizie. È stata esposta l’istanza dei legali di Welby, che domandano di staccare la spina al paziente somministrandogli i sedativi necessari a non farlo soffrire, e il parere non vincolante della Procura di Roma che ha ribadito la legittimità della richiesta di interrompere la terapia, ma allo stesso tempo l’inammissibilità del ricorso lì dove si chiede di ordinare ai medici, quando arriveranno gli ultimi istanti, di non riattivare il ventilatore polmonare in caso di sofferenza. Ma proprio uno dei due dottori che segue Welby si è opposto, costituendosi «come resistente», al ricorso presentato dal suo stesso paziente chiedendone il rigetto. Il medico ha sostenuto che, nell’eventualità di una situazione di affanno determinata dal distacco del ventilatore, lui sarebbe costretto a ripristinare la terapia.
Il giudice potrebbe decidere di accogliere in pieno il ricorso di Welby e mettere fine all’accanimento terapeutico, oppure lasciare ai medici l’ultima parola, come suggerito dai pubblici ministeri. Ma potrebbe anche scegliere di lasciare tutto com’è e di non accogliere le suppliche di Welby. In tal caso, avverte la Bernardini, sono pronte iniziative di «disobbedienza civile»: «Lo abbiamo visto legato a una macchina - sostiene il segretario dei Radicali - abbiamo visto una persona sottoposta a sofferenze enormi, lui fa tutto questo per gli altri, non possiamo essere complici dei suoi torturatori». Una «tortura di Stato», per Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni. «La salute di Welby - aggiunge - è in peggioramento. A questo punto l’unica giustizia possibile nelle sue condizioni è una giustizia immediata. Ci auguriamo una decisione che possa riconoscere a Welby i diritti che la Costituzione e la legge gli attribuiscono. Siamo determinati a rispettare la sua volontà e non aspetteremo i tempi burocratici. Lo aiuteremo a fare ciò che ha diritto di avere. Sarà lui stesso a decidere quando è arrivato il momento». I Radicali annunciano anche che sabato sera, in tutta Italia, e a Roma in Campidoglio, ci sarà una veglia per Welby a cui prenderanno parte anche 120 parlamentari.

E anche alcuni deputati dell’Unione si fanno sentire con un appello al presidente della Camera, Fausto Bertinotti: «Non possiamo voltarci dall’altra parte davanti al dolore e alla richiesta di Welby. Una legge davvero umana non può imporre di soffrire oltre ogni limite senza rispettare l’espressione di una libera volontà».

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