Una commedia non è mai solo una commedia, e una tragedia non è mai solo una tragedia, in Shakespeare. Ma se c'è una commedia dove la crudeltà striscia come una serpe velenosa è proprio «Il Mercante di Venezia» e non a caso, a seconda di chi la maneggia, è possibile far risaltare alcuni colori su altri. L'adattamento prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia insieme col Centro Teatrale Bresciano e il Teatro degli Incamminati, atteso da oggi al 19 maggio al Teatro Manzoni, sceglie, almeno per l'occhio se non per la mente, di levare quei colori.
È in una Venezia nera e cupa, molto simile a un'ambientazione noir seppur nel XVI secolo, «dove gli stessi riflessi dell'acqua sui muri appaiono ambigui e sfuggenti», che si muove la storia adattata e diretta da Paolo Valerio, con un veterano come Franco Branciaroli nell'imprescindibile ruolo dell'usuraio ebreo Shylock. «Un Mercante diverso spiega Valerio perché accanto alla storia della rivalità tra l'armatore e imprenditore cristiano Antonio (interpretato da Piergiorgio Fasolo, ndr) e l'ebreo Shylock che coglie l'occasione di fargli prestito senza interessi ma con una libbra di sua carne in pegno di fronte all'eventualità di un disastro navale, ci sono percorsi amorosi e astuzie. Il nostro Mercante è anche una commedia al femminile, dove il ruolo di Porzia (Valentina Violo, ndr) è fondamentale, così come quello delle altre donne che muovono l'intera vicenda all'epilogo». La commedia contiene molteplici intrecci e altrettante letture che non possono essere spiegate in poche righe «a cominciare precisa Branciaroli dal tema della guerra religiosa tra cristiani e ebrei del tempo che, oggi, un pubblico del tutto laico non afferra, e anzi si concentra sul risvolto finanziario della storia». Il ruolo di Shylock appare sotto una luce ben definita: «La penna di Shakespeare era intinta evidentemente nell'antisemitismo spiega Franco Branciaroli tanto che il maggiore storico del Bardo, Harold Bloom, detestò sempre quest'opera nella quale, diceva, Shakespeare cessava di essere uomo dell'eternità per diventare uomo del suo tempo». Un tempo dove il potere costituito era cristiano e gli ebrei venivano tenuti nel primo ghetto mai nato al mondo, quello di Venezia. Un tempo in cui era normale sibilare commenti antisemiti per generare l'ilarità della platea. Il «Mercante diverso» di Paolo Valerio propone però, prosegue Branciaroli, «uno Shylock fiero, mai impacciato come spesso viene rappresentato, che apre e chiude la piéce e che dice chiaramente di odiare il cristiano Antonio. Ma che è anche vittima della conversione forzata alla quale sarà sottoposto, dunque in qualche modo suscita la nostra compassione».
Uno Shylock che occupa la scena come individuo e non come paradigma del suo popolo: «Lo Shylock della nostra messa in scena spiega il regista Valerio è un individuo, un evidente villain come può esserlo il celeberrimo Riccardo III, ma così come Putin è un uomo malvagio che non rappresenta tutti i russi, Shylock non rappresenta tutti gli ebrei».
Infine, il tema del linguaggio marchia indelebilmente la commedia: «Il testo di Shakespeare qui è alternativamente acquietante e inquietante spiega Valerio In Shylock è una lingua sporca: ad esempio lui non parla mai di soldi ma di soldo, al singolare».
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