Metti una sera a cena con l’ospite «a sorpresa»

Metti una sera a cena con l’ospite «a sorpresa»

Tra le pellicole che riescono ad affrontare il tema del razzismo in modo mai troppo «forzato» o dottrinale, e dimostrano piuttosto un’accorta intelligenza nel dosare drammaticità e comicità, insieme con il più recente A spasso con Daisy va senza dubbio annoverato il celebre Indovina chi viene a cena? di William Arthur Rose, il film che nel 1967 segna l’ultima interpretazione di Spencer Tracy (morto poco dopo l’ultimo ciak), protagonista assieme agli altrettanto eccelsi Katharine Hepburn e Sidney Poitier. Si deve oggi al regista Patrick Rossi Gastaldi e a Mario Scaletta, autore dell’adattamento, la prima versione teatrale della commedia, al debutto domani al teatro Italia con Gianfranco D’Angelo e Ivana Monti nei ruoli che furono di Tracy ed Hepburn.
La trama è nota: una coppia di coniugi altolocati e di princìpi liberali sono sconvolti dalla notizia del fidanzamento dell’unica figlia (interpretata da Emanuela Trovato) con un medico di colore (Timothy Martin). Allo stesso modo, i genitori del giovane (Howard Ray e Mari Hubert) non accettano l’idea di una bianca accanto a loro figlio. A disturbare i progetti degli innamorati ci pensa anche la buffa governante (Fatimata Dembele), iperprotettiva nei confronti della ragazza a tal punto da assumere lei stessa atteggiamenti discriminatori, mentre padre Ryan (Mario Scaletta) fa da paciere.
Invece che nell’America degli anni Sessanta, la storia è ambientata in Italia, negli anni ’90. «Il copione resta fedele al film - spiega Rossi Gastaldi - ma il plot in un certo senso è più forte che nell’originale. La pellicola infatti tendeva al rosa, mentre la pièce si caratterizza per altri elementi che la rendono più densa. Il cast è davvero azzeccato e la coppia D’Angelo-Monti funziona molto bene. Lui, in particolare, ha un tono serio che riesce a reggere con enorme bravura». Con lo scenografo Alessandro Chiti, il regista ha ideato una tripartizione degli ambienti per cui lo spettatore vede una veranda, un soggiorno e uno studio, con le scale sullo sfondo. Tre spazi isolati, che suggeriscono intimità ma anche solitudine, nei quali gioco di luci determina l’azione e il dialogo.

«Il risultato è una commedia a tutto tondo, capace di riflettere e far riflettere sul tema della diversità, attuale allora come oggi. Per me si tratta di un ritorno al testo scenico, negli ultimi anni ho diretto solo musical e una svolta ci voleva».
Teatro Italia, via Bari 18, fino al 25 febbraio. Info: 06-44239286.

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