«Vanno bene le misure di sostegno immediato, ma poi bisogna puntare sugli investimenti. Perché contenere gli effetti della pandemia sarà difficile». Giovanni Valotti, che due settimane fa, dopo sei anni da presidente, ha lasciato il timone di A2A, è docente di management pubblico alla Bocconi. «Da anni non si parla che di tagli alla spesa. Non so più quanti commissari ci sono stati. Gli effetti sugli esborsi correnti sono stati limitati, in compenso sono calati di molto gli investimenti pubblici. Che adesso sono centrali perché, come insegnava Keynes, sono anticiclici per definizione».
Lei per sbloccare gli investimenti ha proposto una «zona franca per la burocrazia».
«Non mi convince il principio di procedere caso per caso nominando un commissario dietro l'altro. L'idea generale è che, come il governo ha avuto il coraggio di chiudere in casa 60 milioni di italiani, ora per un anno deve chiudere in casa la burocrazia».
In pratica?
«Incominciamo per esempio a dimezzare tutti i tempi delle autorizzazioni. Se c'è un silenzio assenso di 60 giorni lo si porta a 30. Rivediamo il Codice degli appalti. Nasce con buone intenzioni ma ha avuto l'effetto di rallentare drammaticamente la realizzazione delle opere. Dobbiamo semplificare, alzando per esempio il tetto delle procedure a evidenza pubblica, che in Italia è molto basso. E poi bisogna riformare le norme sul danno erariale».
In che senso?
«I funzionari sono chiamati a rispondere dei loro atti di fronte all'erario. Giusto, ma oggi un dirigente pubblico ha più paura della Corte dei Conti che delle norme penali. Bisogna fare in modo che senta di potersi prendere delle responsabilità».
Imboccare questa strada ha anche dei rischi.
«Certo. Mi si dice: così si dà spazio a comportamenti impropri. Ma tutti gli Stati del mondo consapevoli di rischi del genere investono di più sui controlli e aumentano le sanzioni. Ci possono essere atteggiamenti opportunistici, ma si ha il vantaggio di far ripartire l'economia. Se faccio un'analisi costi-benefici, vedo che i secondi sono maggiori dei primi. Poi, spesso, se si dà fiducia agli italiani dimostrano di meritarsela.
L'atteggiamento culturale della burocrazia sembra inadeguato.
«Non si guarda ai risultati ma alle procedure. Chiaro, vanno rispettate, ma bisogna andare oltre. Io introdurrei la figura del responsabile di risultato, anche con incentivi: porti a casa un obiettivo e te lo riconosco. Oggi c'è il responsabile del procedimento, figura debole che si riduce a controllare atti amministrativi. Non c'è chi risponde di un'opera dalla A alla Z, e che ovviamente ha i relativi poteri. Poi ci vuole trasparenza sui risultati.
Cioè?
«Tutti scrivono grandi libri dei sogni, ma non ci sono mai consuntivi credibili.
Sul sito del comune canadese di Edmonton ci sono semafori con i tre colori, rosso, giallo e verde che segnalano l'andamento delle opere promesse con giudizi obiettivi e indipendenti. Siamo un po' come in guerra, e vista l'emergenza dobbiamo sperimentare per un po'. Un anno. Poi butteremo via quello che non ha funzionato. Il resto lo teniamo»- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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