Virgilio è il poeta dellItalia. Chi loda il Bel Paese, per affezione o dovere istituzionale, dovrebbe citarlo di più. Certi suoi versi gonfierebbero dorgoglio i petti dei connazionali allestero, più di una vittoria fuori casa della Nazionale di Prandelli.
Il suo volume dovrebbe stare sulle cattedre scolastiche dogni ordine e grado, accanto alla Costituzione e, come suggeriva don Lisander Manzoni, a un buon vocabolario ditaliano. Si prenda un appunto, Signora Ministra del Turismo, onorevole Brambilla. «Qui primavera infinita; lestate dilaga in mesi non suoi...», canta Virgilio del nostro clima. Va al sodo. È uno sponsor grintoso, creativo. Bisognerebbe fotocopiare una pagina del suo poema campestre, le Georgiche, e spedirla a chi ci declassa. «Non cè paese al mondo» dice in sintesi il Mantovano «che ci stia a pari. Macché Asia, macché Africa. Qui da noi non allignano belve e serpenti letali. Abbiamo solo floridi frutti, il succo delluva e, soprattutto, lulivo che vale oro. Le mandrie figliano due volte lanno. E le spighe del grano biondeggiano sempre. Chi ha dei laghi ameni come il Lario regale, o il Benaco che rumoreggia come un mare? E vogliamo parlare della gente? Dei Marsi, dei Sabini, dei Liguri che sopportano tutto, dei Volsci duri come il ferro? Uomini con dentro la febbre del lavoro, dellindustria. LItalia è tutta un diadema di città, alte sulle cime dei colli. È ricca dacque. Ha spiagge strepitose». E chiude dicendo che lo stivale è la «Saturnia tellus», un suolo baciato dal cielo, scelto a sua dimora segreta da Saturno, il dio delle semine e dei raccolti.
Mantova ha deciso di onorare il suo figlio più illustre con una mostra straordinaria: «Virgilio. Volti e immagini del poeta» (a Palazzo Te, a cura di Vincenzo Farinella), fulcro di un autunno tutto consacrato al poeta dellEneide. Loccasione è unica. Potremo guardare il vate in faccia. Per la prima volta, esce dal Museo del Bardo di Tunisi, e approda alle rive del Mincio, lunico suo ritratto attendibile, un mosaico del III secolo d.C., da Hadrumetum (piazzaforte romana, oggi Sousse, Tunisia). Virgilio è assiso in toga, il papiro del capolavoro sulle ginocchia, spalleggiato da due superveline, Clio, la Musa della storia eroica, e Melpomene, sua collega della tragedia.
Non è unimmagine idealizzata. Ha laria di una foto ufficiale. Sotto la calotta compatta dei capelli, il volto è affilato, alti zigomi, tratti duri e marcati. Collima con i dati fisiognomici di Svetonio, uno dei suoi primi biografi: «Allampanato, colorito scuro, viso contadino, salute precaria per il mal di stomaco, lemicrania frequente e gli sbocchi di sangue». Lartista di Hadrumetum ha lavorato di fantasia, o le tessere colorate conservano un po di realtà? Poche decine danni dopo la morte di Virgilio, circolavano edizioni dellEneide con la miniatura della sua effige. Lo sappiamo da un epigramma di Marziale. Nel ginnasio di Costantinopoli si ammirava una statua dell«Omero del Tevere». Sono indizi di una tradizione iconografica che forse ricollegano il manufatto alle sembianze autentiche.
Lemozione è al diapason, a Mantova. Quasi una telecronaca dal passato. Quellimmagine sta per parlare, lo percepiamo. Virgilio leggeva i suoi versi, appena rifiniti, nel salotto di Augusto, tra gli amici intimi, scatenando il pathos. Una sera il poeta declamò il passo in cui il suo eroe, Enea, scende nel mondo dei morti, e ha la visione dei suoi futuri discendenti, i signori di Roma. Gli si presenta un ragazzo. «Tu sarai Marcello...», suona il celebre attacco dellepisodio. Era presente alla recita Ottavia, sorella dellimperatore, la madre, che aveva appena perduto Marcello Claudio, il figlio giovanissimo, successore designato al trono.
LA MOSTRA «Virgilio. Volti e immagini del poeta». Mantova Palazzo Te, dal 16 ottobre all8 gennaio. Info: www.centropalazzote.it.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.