Parigi - Sergio Leone firmò Per un pugno di dollari come Bob Robertson, «figlio di Roberto Roberti», pseudonimo del padre, regista del «muto», uno dei fondatori dei Fasci di combattimento, repubblicani e anticlericali, ma non del successivo Partito fascista, monarco-clericale. Leone scansò la politica fino a Giù la testa, quando lo lambì la moda sessantottarda. Però Leone affidò a Giorgio Locchi, che viveva a Parigi, una sceneggiatura bellica: il film non si fece, ma l’idea sull’assedio di Leningrado nacque così. Chi era Locchi? Il mentore di Alain de Benoist... Tra film storici, western e bellici, Leone non era un regista per donne.
«Infatti - mi dice Claudia Cardinale - non ci conoscevamo prima di C’era una volta il West. E non abbiamo più lavorato insieme. Ma abbiamo avuto rapporti cordiali».
Signora, c’è un momento del film che ricorda?
«La prima scena che girai. Le riprese cominciarono a Cinecittà, con la scena di sesso fra Henry Fonda, il cattivo, e me».
In questi casi i presenti sono pochi.
«Invece Leone aveva invitato i giornalisti e io ero imbarazzatissima. E in prima fila c’era la signora Fonda!».
Come si esce da queste situazioni?
«La mia regola è: fuori dal set, ognuno per conto suo. Si torna se stessi, l’identificazione col personaggio finisce».
Certi attori americani nei personaggi dicono di immergersi.
«Ma io come avrei potuto? Sono stata puttana con Jean-Paul Belmondo, nella Viaccia di Mauro Bolognini, uno dei miei film più cari; sono stata principessa con David Niven nella Pantera rosa di Blake Edwards...».
Signora Cardinale, Fonda era taciturno come i suoi personaggi abituali?
«Anche di più. Difficile comunicare anche con Charles Bronson. Per giunta lui aveva un pallino...».
Quale?
«Aveva un pallino in senso letterale, che teneva in mano stando seduto in un angolo. Lo lanciava e prendeva, lo lanciava e prendeva. Per ore».
C’era una volta la nevrosi.
«Non ancora, almeno nel caso di Jason Robards, persona incantevole».
Parlava, dunque.
«Ed è con lui che sono stata in migliori rapporti».
Vi siete rivisti?
«Sul set di Fitzcarraldo di Werner Herzog».
Ma in questo film Robards non c’è.
«La sua parte passò a Klaus Kinski. Eravamo in Amazzonia, ma Robards voleva una bistecca. E non c’era modo di dargliela».
Così lui se n’è andato.
«No, è salito su un albero. Il clima l’aveva sconvolto. Scese il giorno dopo, all’arrivò dello psichiatra».
A proposito di bistecche: nelle pause di «C’era una volta il West», lei pranzava con Leone?
«Erano i rari momentI in cui mi parlava. Leone voleva che scegliessi più cibo».
Nevrotico anche lui?
«No, grasso. Volendo dimagrire, mi chiedeva di mangiare per lui».
Mi pare che lei volesse aggiungere qualcosa su Robards.
«Che la sua malattia era ancora latente durante C’era una volta il West».
Se Robards vacillava, Kinski non era mai stato bene.
«Gli indios che partecipavano a Fitzcarraldo volevano ucciderlo. Herzog s’oppose: non voleva spendere per un terzo attore».
Fonda, Bronson, Robards, Herzog, Leone. Dura la vita...
«Almeno Leone aveva un grande senso dell’immagine. Ancor oggi, quando un fan vuole che gli dedichi una mia foto, è sempre di C’era una volta il West».
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