Il padre di Yana: "Mia figlia uccisa dall'ex. Ora aiuto le donne a rischio"

Il padre di Yana, ammazzata a 23 anni, ha fondato una associazione per prevenire i femminicidi

Il padre di Yana: "Mia figlia uccisa dall'ex. Ora aiuto le donne a rischio"
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Oleksandr Malaiko è il papà di Yana Malaiko (nella foto piccola), la ragazza di 23 anni di origine ucraina uccisa a Castiglione delle Stiviere la notte tra il 19 e il 20 gennaio dello scorso anno, dall'ex fidanzato, reo confesso, Dumitru Stratan. Il processo per l'omicidio è da poco partito davanti al Tribunale di Mantova.

Oleksandr, insieme a Francesco Borrello, al suo avvocato Angelo Murtas e altri amici ha fondato l'associazione «Y.A.N.A. - You Are Not Alone», che si occupa di prevenzione dalle violenze di genere, con anche aiuto pratico alle vittime tra cui assistenza psicologica e legale, ascolto telefonico e corsi di difesa personale.

Com'è nata l'idea di questa associazione?

«È stato durante la ricerca di mia figlia. Quando eravamo lì tra i campi, insieme a centinaia di altre persone che tutt'ora ringrazio, (la ragazza fu ritrovata dopo dieci giorni dall'omicidio, ndr) mi sono detto che nessun genitore deve provare quello che ho provato io. Dopo il funerale, abbiamo fatto un incontro con degli amici, e abbiamo fondato l'associazione Yana. L'obiettivo più importante è che finisca la guerra contro le donne. In tanti non si rendono conto dei volumi di questa strage. Per l'autunno dell'anno prossimo stiamo organizzando una grande marcia per le strade di Roma, con tutti i parenti e genitori delle vittime degli ultimi 20 anni, per fare capire la grandezza della tragedia. Pensiamo di contattare anche i parenti di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano, due vittime tristemente famose».

Il processo al killer di sua figlia è in corso. Che rapporto avevano Yana e l'imputato?

«Ho cresciuto mia figlia da solo e ho tirato su una persona molto forte. Lei era innamorata di lui all'inizio, mi sembravano felici. Dopo Dumitru ha iniziato a non piacermi, a essere possessivo, ma io non solo non volevo intervenire, non potevo, perché lei voleva cavarsela da sola».

Quando ha letto le storie di Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin, che cosa ha pensato?

«Sulla tomba di Yana c'è scritto che è nata libera ed è morta combattendo. È vero che le storie sono molto simili, e per me è doloroso sapere che l'incubo è arrivato in casa di altre famiglie. Ecco perché per la sua memoria per me è molto importante fare qualcosa. Io sono nato in Unione Sovietica, e ho vissuto per buona parte della mia vita in un mondo militare che è il più patriarcale che possa immaginare, però a noi ragazzi una cosa l'avevano inculcata: non esiste niente di più riprovevole che alzare le mani su una donna. Invece penso che oggi tra i giovani il più popolare è anche il più violento e possessivo. Bisogna cambiare la propaganda della violenza e sostituirla con altri valori».

C'è un ricordo di sua figlia a cui è affezionato particolarmente?

«Yana soffriva di una malattia abbastanza grave, prima di venire in Italia aveva fatto degli interventi chirurgici in Ucraina che non hanno aiutato, qui in Italia si è ripresa e ha iniziato a vivere. Era un sole.

Era sempre molto disponibile, dai primi giorni dell'invasione russa, col piccolo stipendio che guadagnava aveva iniziato ad aiutare il suo Paese, e ad aiutare a raccogliere abbigliamento e cibo da inviare. Era bella, buona, sincera. Amava cantare aveva fatto i corsi da estetista, sognava di avere la sua famiglia, un figlio. Semplicemente voleva vivere».

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