È Milano l’«atlante» dell’abitare

Dei molti elementi di cui si compone una città (edificio pubblico, chiesa, scuola, università, sede d’aziende, fabbrica, magazzino ecc.) uno domina, a Milano, su tutti: la casa. Roma evoca il Colosseo e San Pietro, Parigi la Tour Eiffel: Milano, invece, si presenta al mondo attraverso le sue case d’abitazione. Niente di strano, perciò, che al tema dell’abitare sia dedicato il primo, grande ritratto cittadino di questi anni. Presentato davanti a una folla enorme - soprattutto giovani - alla Triennale di Milano, il volume Milano. Cronache dell’abitare (Bruno Mondadori, pagg. 390, euro 30) segna infatti una data importante nella storia della rappresentazione di questa città - e, paradigmaticamente, di tutta la realtà urbana italiana.
Il libro, esito di un lavoro durato oltre due anni, è stato realizzato da Multiplicity.lab, un progetto diretto da Stefano Boeri, che raccoglie un ottimo gruppo di ricercatori sociali, giornalisti, architetti e fotografi del paesaggio. Milano. Cronache dell’abitare si propone di realizzare una sorta di atlante della città visto attraverso le innumerevoli soluzioni (o non-soluzioni) del problema abitativo, con un’attenzione particolare a tutti gli aspetti nei quali la questione dell’abitare incrocia temi sociali più estesi: dalle abitazioni stabili a quelle temporanee, dai quartieri-dormitorio al fenomeno dei negozi-abitazione, dalle baracche ai centri di accoglienza, dalle case per studenti a quelle per anziani, dai loft ai sottotetti, dalle case occupate ai sofa-surfing, ultima frontiera della precarietà. I testi e le immagini - molti grafici, molte fotografie firmate da nomi eccellenti (Basilico, Castella, Jodice e altri) - si compenetrano nella ricerca unitaria di mettere in mostra il racconto che queste situazioni fanno di sé.
L’insieme degli sguardi raccolti non offre visioni unitarie, anzi, presenta il tema dell’abitare in tutta la sua complessità, quasi a sottolineare - anche se non credo fosse questa l’intenzione di Boeri e amici - la difficoltà di questi tempi a stabilire indicatori sociali certi. Sappiamo che molti vecchi indicatori non servono più, e che prima di elaborare sintesi precipitose è necessario - e questo, viceversa, credo fosse un intento prioritario degli autori - soffermarsi sulla complessità delle nostre realtà sociali urbane, cercando di mettere in fila il maggior numero possibile di conoscenze.
Colpisce come il tema dell’abitare, messo al setaccio, non intercetti alcun progetto stabile, di lunga durata, su questa città, che sembra dissolversi in una nebulosa di microprogetti e microcambiamenti. Il libro cade in un momento di vera metamorfosi nel modo di pensare la città. Ciò che, fino a pochi anni fa, identificavamo come Milano si è oggi enormemente esteso (io sono persuaso che Milano si estenda oggi perlomeno da Gallarate e Treviglio), ed è su questa estensione dello sguardo che si dovranno misurare, fin da oggi, i nuovi progetti di sviluppo, dall’urbanistica ai servizi sociali.

Alcuni soggetti - banche, fondazioni, aziende, associazioni - stanno cominciando ad affrontare il problema. Ed è questa la direzione su cui ci si muoverà sempre di più, coniugando conoscenza, intervento sociale e profitto in un rapporto tra pubblico e privato che appare, in gran parte, ancora da immaginare.

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