Accogliere tutti a Milano? Una marcia verso il disastro

Copiare la manifestazione pro migranti di Barcellona è un'idea provinciale, politicamente corretta e sbagliata

Accogliere tutti a Milano? Una marcia verso il disastro

«Facciamo come a Barcellona, una grande marcia per l'accoglienza dei migranti»: slogan più fuori luogo, inappropriato e, soprattutto, provinciale la solita sinistra politicamente corretta, banale e prevedibile non poteva immaginarlo. L'idea di copiare a Milano quello che hanno fatto i catalani, di «una marcia il 20 maggio senza muri», è venuta (in assenza di una originale) all'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, ala sinistra estrema della giunta di Palazzo Marino, evidentemente invidioso di quello che sono riusciti a combinare i suoi compagni di Barcellona. Naturalmente l'idea è stata subito rilanciata con entusiasmo degno di miglior causa dal sindaco Giuseppe Sala, che di idee sue riesce ad averne pochine, oltre che dalla solita immancabile compagnia di giro del conformismo banal-progressista: attori, registi, cantanti, scrittori, centri sociali, imprenditori miliardari «democratici», politici e preti di sinistra insomma sempre quelli.

Il fatto è che «Milano come Barcellona» proprio non regge, è una stupidaggine degna di chi non conosce le due situazioni. In tre anni la nostra città ha accolto più di 130 mila rifugiati «in transito», la maggior parte dei quali, in realtà non hanno mai «transitato» e si sono fermati qui o nei paraggi. Nella loro confusa ridistribuzione sul territorio nazionale di tutti gli arrivi in Italia, almeno il 15% è assegnato alla Lombardia, ma evidentemente secondo Majorino & C. dovremmo accoglierne di più. E la Spagna? Com'è noto, la quasi totalità dei famosi «salvataggi» in mare, cioè i prelievi al limite delle acque territoriali libiche si conclude regolarmente con sbarchi sulle nostre coste. Anche le navi spagnole, guardandosi bene dal portarseli a casa loro, ci consegnano i migranti che hanno prelevato. In Spagna non arriva più del 10% dei «rifugiati», Madrid avrebbe dovuto accogliere 17mila richiedenti asilo, ne ha presi solo 744. La maggior parte dei quali comunque non va a Barcellona, quindi che i catalani chiedano di averne di più è paradossalmente quasi comprensibile, giacché non sanno cosa voglia dire trovarsi in casa decine di migliaia di immigrati più o meno legali (altro slogan: «Nessuno è illegale», dunque nemmeno il centinaio di rivoltosi violenti che l'altro giorno ha assaltato soldati e carabinieri in piazza Duca D'Aosta). In altre parole, i centomila (pare) che a Barcellona hanno sfilato al grido di «Vogliamo accogliere» e «Open the fucking borders», in realtà non sapevano di cosa parlavano e forse è per questo che Majorino ha pensato bene di prenderli a modello.

Ma il fatto è che quella protesta, l'invidiata marcia di Barcellona aveva altre motivazioni, più profonde e radicate, meno retoriche e più politiche, ipocritamente lasciate in secondo piano: le secolari rivendicazioni catalane contro Madrid. Infatti contro il governo centrale era prevalentemente rivolta la protesta, inserita quindi nell'eterno filone di aspirazioni autonomiste, anzi indipendentiste, tradizionalmente rappresentate dalla sinistra catalana. Il senso di quella marcia dunque era: «Se la Catalogna fosse indipendente potrebbe accogliere molti più immigrati, regolari o irregolari non importa, di quanti ci costringa ad accoglierne l'odiata centralista Madrid».

Majorino, il sindaco Sala e la compagnia di giro che il 20 maggio scimmiotterà i catalani non lo sapeva, o preferiva non rendersene conto. Ma almeno una domanda dovrebbero porsela: sono sicuri che la grande maggioranza dei milanesi, quella che il 20 maggio non sfilerà, apprezzerà la richiesta «di più, di più, vogliamo accoglierne di più»?

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