"Io l'ho picchiato ma non forte, l'ho morsicato ma non forte. Mi sono preso la colpa per lei, che quella notte lo ha picchiato e gli ha dato un pugno sull'occhio e gli ha spento le sigarette sul corpo". Prova a difendersi dall'accusa di maltrattamenti aggravati, omicidio volontario aggravato e tortura aggravata Alija Hrustic, il 26enne di origini croate sospettato di avere ucciso a botte il figlioletto di soli due anni e 5 mesi, Mehemed. Ascoltato questa mattina davanti ai giudici della Corte d'Assise, Hurstic ha puntato il dito contro la ex moglie, Silvija Zahirovic, madre del bimbo. "Anche lei lo picchiava", racconta.
La tragedia
I fatti risalgono al 22 maggio del 2019, in una casa popolare di via Ricciarelli 22, alla periferia di Milano, in prossimità dello stadio San Siro. Quel giorno, Alija è in casa con la moglie, Silvija Zahirovic, 23 anni, e i suoi quattro figli. Sono pressapoco le ore 3 del mattino quando si alza dal letto e comincia ad andare su e giù per la stanza. È inquieto, fortemente agitato. Si dirige nella camera del piccolo Mehmed, il terzultimo dei bambini. Gli si avvicina e, con furia cieca, lo colpisce ripetutamente al corpo. Pugni, calci e chissà cos'altro ancora. Poi, accende una sigaretta e con il tabacco arroventato gli procura delle bruciature sui piedini. Mehmed non ha neanche la forza di piangere e, dopo ore di sevizie atroci, cade in un sonno profondo, irreversibile. Alija scappa via dall'appartamento con le altre figlie, nel cuore della notte. Si rifugia a casa di un conoscente dove, qualche ora più tardi, viene rintracciato dalla polizia. Intanto, il corpo martoriato di Mehmed giace senza vita nel soggiorno dell'appartamento di via Ricciarelli tra le braccia della mamma, incinta del quinto figlio.
"Anche la mamma lo picchiava"
"Anche la mamma picchiava Mehmed. Era la sua mamma che lo picchiava e lo trattava male. Io l'ho picchiato piano, mi sono preso io tutta la colpa, ma l'ha picchiato mia moglie", spiega il 26enne ai giudici della Corte d'Assise. Poi punta il dito contro la ex moglie: "Mi sono preso io la colpa ma è stata lei", continua.
Nel corso della sua testimonianza, Alija Hrustic, assistito da un'interprete, ha ammesso di aver fumato hashish quella sera e di essere stato in preda a "paranoie". "Le paranoie erano nei confronti di mio figlio Mehmed - precisa - Il mio cervello mi diceva di picchiarlo ma a me non andava di fargli tanto male. Gli davo schiaffi e botte sulla testa". Quella notte, dopo averlo svegliato, ricorda di aver "morso" il bambino, ma "per giocare e lui rideva". Poi, la chiosa agghiacciante: "Lui aveva la pelle delicata, appena gli facevo qualcosa restava il segno".
Le torture sul corpicino di Mehemed
C'erano segni di maltrattamenti e sevizie brutali sul corpicino di Mehmed. Così come ben ricorda Tgcom24, l'autopsia sulla salma del bimbo ha accertato la presenza di "svariate bruciature di sigaretta", tra cui alcune risalenti a poche ore prima del deceesso. "Quelle - risponde Hrustic incalzato dalle domande del pm - le faceva sua mamma. Quella notte la mamma lo ha picchiato. Quando tornavo a casa la sorella maggiore di Mehmed mi diceva che la mamma lo aveva picchiato". Il bambino aveva anche due vistose bruciature sotto la pianta dei piedi, che il padre ora attribuisce alla moglie. "Le aveva fatte con una piastra in casa. - continua - Non so come le avesse fatte, perché era successo quando ero fuori".
Silvija Zahirovic,
assistita dall'avvocato Patrizio Nicolò, si è costituita parte civile nel processo. Stando all'indagine del pm Giovanna Cavelleri, infatti, anche la donna sarebbe stata vittima di gravi maltrattamenti da parte dell'ex marito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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