Bimbo cade a scuola: giudice punisce la mamma

Nino Materi

Pazza scuola e pazze sentenze. Siamo in un istituto elementare dell'hinterland milanese. Un bimbo di 6 anni subisce due infortuni: cade per le scale e sbatte contro un pilastro mentre gioca a palla. Il bambino subisce, per fortuna, danni non gravissimi, ma comunque tali da giustificare legittimamente da parte della mamma una richiesta di risarcimento alla scuola (e quindi, per essa, al Ministero della Pubblica Istruzione). La dinamica dei fatti - così come illustrati in causa con documentati supporti giurisprudenziali dall'avvocato Rosario Alberghina di Cernusco sul Naviglio- è solare. L'addebito per «culpa in vigilando» dovrebbe risultare così palese da non richiedere neppure un lungo processo. Al giudice basterebbe un briciolo di comune buon senso per riconoscere alla mamma il risarcimento. Ma quando si tratta di giustizia il condizionale è sempre d'obbligo e il buon senso risulta sempre merce rara. Infatti il giudice valuta il caso in maniera diametralmente opposta. Il colpevole non è la scuola (e neppure l'assicurazione che fa orecchie da mercante), ma la mamma del piccolo infortunato.

Lei, condannata «a pagare al convenuto e terza chiamata le spese di lite liquidate in complessivi 2.500 euro per ciascuno, oltre accessori di legge, Iva e Cpa»: in totale una mazzata da circa 7 mila euro. Quando si dice, un caso di scuola. Sì, ma da bocciare.

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