Bivacco al cimitero Maggiore poi sistemazione in Chiesa Rossa

I nomadi sgomberati lunedì mattina in zona Certosa, tra via Montefeltro e via Brunetti, e che non hanno accettato l'ospitalità e il progetto d'inserimento del Comune di Milano, cercano un riparo. Continuano così a bivaccare davanti al cimitero Maggiore. Dove ieri il sacerdote della chiesa ortodossa di via San Gregorio (sempre sotto l'occhio vigile della polizia locale e quello perplesso dei residenti) ha portato loro dei beni di conforto. La sera accendono falò per scaldarsi.
Tuttavia la notte tra mercoledì e giovedì decine di loro, a bordo di roulotte, l'hanno passata in un'area gestita dall'assessorato alle Politiche sociali di Palazzo Marino (e forse destinata in un futuro non molto lontano alla costruzione di un centro rifugiati) nel quartiere Basmetto, in via Chiesa Rossa. Dove i residenti, allarmati per aver notato mercoledì sera il cancello di solito chiuso da grossi catenacci improvvisamente aperto e il grande cortile all'interno pieno di rom, hanno avvertito il commissariato di zona e i vigili temendo la formazione di un nuovo insediamento «alternativo» a quello appena disarticolato. «State tranquilli - avrebbe risposto la polizia dopo una serie di controlli -: i cancelli non sono stati forzati, è il Comune ad aver aperto l'area ai nomadi». Che ieri pomeriggio, infatti, erano già stati sgomberati.
Intanto i metodi del Comune in materia d'integrazione e di gestione dei nomadi viene criticato persino da diverse associazioni rom e sinti. Che ieri hanno chiesto formalmente, con una nota indirizzata Palazzo Marino, di sospendere gli sgomberi nel periodo invernale.
«Per chi, tra i nomadi di via Brunetti e via Montefeltro, non ha accettato l'ospitalità del Comune, oltre 400 tra uomini donne e soprattutto bambini, c'è solo la ricerca di un altro ricovero di fortuna in attesa del prossimo sgombero» spiegano le associazioni. E puntano il dito anche contro la gestione «circolare» degli sgomberi affidata al terzo settore nei centri di accoglienza «peraltro assolutamente insufficienti (i posti sono 120 in via Barzaghi e 148 in via Lombroso)» come spiega in maniera molto essenziale ma decisa nel documento.
«In questi centri - conclude la nota - si può stare fino a 200 giorni durante i quali dovrebbero, nelle intenzioni dell'amministrazione, essere avviati percorsi d'inserimento abitativo, lavorativo e scolastico.

Ma non essendoci fondi per casa e lavoro, dopo i 200 giorni quelli di via Barzaghi e di via Lombroso vengono avviati nel centro rifugiati di via Novara per lasciare posto ai nuovi sgomberati in un carosello di gente che gira dal campo a un centro poi a un altro centro per tornare alla fine del giro al campo, costretti a ricominciare tutto da capo».

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