C'è tanta, tanta voglia di «No». Mancano appena 4 giorni al referendum e in tutto il centrodestra si allarga e si infoltisce la schiera dei contrari. Ieri a Montecitorio è uscito allo scoperto il comitato «Di centrodestra e liberi di votareNo», che considera «fuffa» la pseudoriforma voluta soprattutto dal Movimento 5 Stelle. Alla conferenza stampa c'era anche Viviana Beccalossi, ex vicepresidente della Regione e oggi consigliera del gruppo misto. Il comitato ha già superato le 700 adesioni e a Roma ha presentato le prime cento firme importanti. Fra queste, anche quella dell'assessore regionale Alessandro Mattinzoli, altro forzista. Oggi a Brescia (in piazza della Loggia) è in programma una nuova iniziativa per il «No» e ci saranno altri due consiglieri regionali azzurri, Claudia Carzieri e Gabriele Barucco, e la capogruppo comunale Paola Vilardi.
Il gruppo azzurro in Regione ha preso posizione ufficialmente con una nota del capogruppo Gianluca Comazzi condivisa da tutti. E in casa Fi, pochi giorni fa ha manifestato e argomentato l'intenzione di votare «No» anche il deputato (liberale e milanese) Andrea Orsini. «Decisamente sul no» anche il coordinatore regionale di Fi, l'eurodeputato Massimiliano Salini: «Nonostante ciò che si dice - spiega - credo che questa riforma abbia lo stesso vizio di quella di Renzi: non interpreta correttamente il ruolo del Parlamento, che oggi è marginalizzato, in Italia come in Europa. Quella riforma almeno aveva il pregio di intervenire sul bicameralismo perfetto, che è un difetto vero. Questa, più grossolana, liscia il pelo a una legittima insofferenza dei cittadini verso la politica, ma riduce solo il numero dei parlamentari, mentre oggi c'è bisogno di una revisione qualitativa più che quantitativa. Gli italiani hanno diritto a un Parlamento di eletti competenti, ma i promotori non si pongono neanche il problema, anche perché se lo facessero i primi ad andare a casa dovrebbero essere loro».
In casa Lega e Fratelli d'Italia il discorso è solo in parte diverso. I due leader nazionali, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, hanno schierato i rispettivi gruppi parlamentari a favore della riforma al tempo del (doppio) passaggio in Parlamento e adesso non intendono fare retromarcia, eppure i partiti - soprattutto qui in Lombardia - sono tutt'altro che mobilitati per il «Sì». E sognano una batosta dei 5 Stelle. «La Lega non è una caserma - ha ammesso Salvini - A differenza di altri movimenti noi siamo uomini e donne liberi». E così nella Lega si sono moltiplicate le dichiarazioni di voto per il «No», pesanti che più non si può. Prima è toccato al vicesegretario Giancarlo Giorgetti, poi al governatore Attilio Fontana, che due giorni fa ha rivelato e spiegato la sua intenzione di votare No. Lo stesso avevano fatto il segretario lombardo Paolo Grimoldi, il consigliere Max Bastoni e il capolista milanese Gianmarco Senna: «La mia posizione per il No è chiara e dai leader non è arrivato nessun diktat» ha detto all'Huffington post, precisando che «a noi e alle nostre sezioni non è mai arrivata nessuna indicazione per fare campagna elettorale per il Sì. Nel No, Senna vede «l'unico modo per dare una spallata a questi cialtroni». Contrario anche Andrea Monti. «Nel contratto di governo - spiega - c'era anche l'autonomia, che avrebbe bilanciato la diminuzione della rappresentanza». «Ora - sottolinea - ci ritroviamo con meno rappresentanti e senza l'autonomia della Regione. Un pasticcio grave che danneggerà solo i cittadini e indebolita ancora la politica».
La sensazione è che i leghisti pronti a votare No siano più di quanti si pronunciano.
Come in Fratelli d'Italia: ufficialmente il partito resta per il «Sì», ma nessuno fa davvero campagna in Lombardia. Probabilmente oggi anche a destra molti festeggerebbero una clamorosa affermazione del No come la sconfitta definitiva del governo giallorosso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.