C'è da capirlo Pierfrancesco Majorino se ha le idee confuse e non sa da parte girarsi. L'intraprendente assessore alle Politiche sociali prima, copiando a sproposito un'iniziativa di Barcellona, organizza una manifestazione il cui senso, molto esplicito, era «mandateci più immigrati, ne vogliamo di più». Manifestazione alla quale è costretto a partecipare anche il povero sindaco Beppe Sala per non farsi scavalcare a sinistra dal suo più pericoloso concorrente. «Facciamo come a Barcellona» - e pensare che una volta il motto dei comunisti, quelli pericolosi ma seri, era «Facciamo come in Russia!». Peccato, poi, che appena un mese dopo quel fatidico 20 maggio, proprio Majorino si vede costretto a chiedere al governo esattamente il contrario: «Basta, non mandatecene più, non sappiamo dove metterli, la situazione è critica, abbiamo 6000 immigrati per le strade» e vai col piagnisteo! Giustificato, intendiamoci: basta vedere in quali disastrose condizioni è tornata a trovarsi la Stazione Centrale con piazza Duca d'Aosta, o la (ex) bella passeggiata lungo la Martesana, da Greco al quartiere Adriano ridotta a un lungo indecente bivacco, basta costatare, insomma, come avanzi inesorabilmente il fronte del degrado per rendersi conto che la situazione ormai è drammatica. Un governo serio, invece di fare immeritati e propagandistici complimenti alla giunta milanese per gli sforzi che compie
«per accogliere» avrebbe dovuto chiedere: «Ma come, cos'è cambiato da appena qualche giorno fa quando sfilavate per le vie di Milano chiedendo più immigrati?».
Ma prima o poi perfino Majorino dovrà rendersi conto dell'evidenza che il problema non è tanto e soltanto «accogliere», ma il dopo, la troppo declamata «integrazione». E allora dovrà prendere atto che si può tentare, con qualche successo, di integrare solo la gente che vuol farsi integrare: lavori socialmente utili e corsi di italiano (ipotesi incautamente proposte anche da Sala, sempre all'inseguimento del suo assessore) sarebbero accettati da quanti sono qui per restarci. Ma sappiamo bene che tutti gli immigrati che bivaccano nelle nostre strade si considerano di passaggio, non vedono l'ora di andare il Germania o in Francia, in Svezia o in Norvegia. Perché dunque dovrebbero accettare di pulire i nostri parchi e andare a lezione di italiano? Sala dice che in Germania fanno così, solito riferimento esterofilo che ignora che ignora due evidenze: 1) la Germania, com'è noto, sa programmare e organizzare il futuro, l'Italia e la Milano di Sala e Majorino altrettanto notoriamente no, come sta dimostrando proprio la vicenda dell'immigrazione (sempre solo a misure tampone: qualche centinaio in una vecchia caserma qui, altri in un tunnel là) la cui dimensione epocale è evidente da anni. 2) Gli immigrati amorevolmente accuditi da Mutter Merkel, la Germania se li è scelti e selezionati accuratamente - noi no, noi siamo costretti a prendere tutti - ed è tutta gente decisa a restare in quella che considera la sua nuova patria e perciò sono disposti a qualunque prova e sacrificio.
Quello che Sala e Majorino mostrano di non aver ancora capito, ma forse è troppo tardi, è che quella degli immigrati è la più grave, difficile e impegnativa crisi che la loro giunta dovrà affrontare.
Altro che ex scali ferroviari, altro che riapertura dei navigli: la giunta Sala rischia di passare alla storia di questa città come quella che non è riuscita a gestire un problema noto da anni, quello dell'incontrollata immigrazione di massa, lasciando scivolare Milano, giorno dopo giorno, sempre più nel degrado, nel disordine e nell'insicurezza.
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