In Corso Garibaldi s'impara "il ballo della mattonella". E qualcuno ci lascia pure la caviglia...

Nonostante i recenti lavori di ristrutturazione, il marciapiede della centralissima via meneghina resta un campo minato: già numerosi i passanti che, inciampando tra le piastrelle dissestate, sono finiti addirittura sotto i ferri. E il Comune deve far fronte a una lunga serie di ricorsi

In Corso Garibaldi s'impara "il ballo della mattonella". E qualcuno ci lascia pure la caviglia...

Milano - Ci sono cascati in molti. Giovani, adulti, anziani. E tutti ci hanno lasciato le caviglie, come minimo.

Nonostante i lavori di ristrutturazione effettuati quest’estate, il marciapiede di Corso Garibaldi resta un campo minato dove ogni giorno la gente rischia di passare da un negozio di abbigliamento al pronto soccorso del Fatebenefratelli, tanto per citare l'ospedale più vicino. L’ultima vittima è una residente di 29 anni che due settimane fa, mentre stava facendo shopping nella centralissima via meneghina, è inciampata rovinosamente tra le piastrelle dissestate della pavimentazione nei pressi di Piazza San Simpliciano. Un capitombolo che le sono valsi la frattura scomposta di tibia, perone e malleolo, tre ore in sala operatoria e quattro mesi in stampelle.

“Conficcando il piede nell'avvallamento che si era creato in mezzo alle mattonelle spezzate”, ci spiega la ragazza, “ho fatto una torsione a 360 gradi sulla caviglia e mi sono ritrovata a terra, completamente ruotata nella direzione opposta”. Il giorno precedente era caduta un’altra persona e l’esercente che lavora di fronte al luogo del delitto dice che è ormai diventata prassi consuetudinaria soccorrere i passanti, molti dei quali si apprestano a entrare proprio nel suo negozio, salvo rinunciarvi per colpa di un paio di piastrelle posate con i piedi.

In questi giorni, tramite le continue segnalazioni del 118 e dei vigili, il Comune ha provveduto a far sistemare il fosso del pianto, ma intanto chi è finito sotto i ferri ha già telefonato al proprio avvocato. Sperando che il ricorso, più che mai legittimo, non si riveli un buco nell’acqua.

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