Alle 15.58 di ieri la signora che svetta al «traguardo» di piazza Duomo in sella alla sua «BikeMi», scuote il caschetto biondo e continua a pedalare, fingendo noncuranza dietro gli occhiali da sole. Non suda, non sbuffa, è talmente fresca che sembra appena partita e probabilmente è proprio così. Però fa un figurone nel variegato panorama delle 4mila persone sfinite (perlopiù avvolte nelle divise e nelle bandiere verdi e gialle di Legambiente) che, dietro di lei, in bici e a piedi, concludono nel cuore di Milano la manifestazione nazionale «L'Italia cambia strada». C'è lo studente, l'anziano, il disoccupato, le famiglie con i bambini. Tutti con un solo credo: riprendersi la città grazie alla la mobilità sostenibile. Accaldati, straniti, dopo aver tagliato la città partendo dalla stazione Centrale e attraversando i Bastioni e corso Venezia fino a piazza San Babila e piazza Fontana, una volta arrivati a destinazione alzano le biciclette al cielo in segno di trionfo. E chiedono una Milano a misura di bicicletta, isole pedonali, meno investimenti nelle autostrade e nell'alta velocità in favore del trasporto pubblico. Tutto già sentito. Se il messaggio ecologico-salutista non fosse chiaro srotolano un enorme striscione davanti al sagrato che inneggia un secco «no allo smog» con a fianco un trenino di cartone. Evitando, però, la prevista sfilata finale davanti a Palazzo Marino che non si tocca perchè se c'è qualche striscione di protesta l'obbiettivo, tanto per cambiare, è la Regione a guida del centrodestra.
La città-mito, per tutti è, manco a dirlo, Amsterdam. Destinata a restare comunque, e ne sembrano pienamente consci, un miraggio anche perché, ma nessuno lo dice, là la cultura è diversa tra chi amministra ma anche tra chi pedala. «Vado in bicicletta da sempre, ma di cambiamenti qui ne ho visti pochi» spiega Alberto C., 60 anni, che in materia sembra saperla lunga. Ci crede ancora, invece, Michele Camporeale, 25enne consulente finanziario di origini pugliesi. «Si tratta solo d'incentivare la conoscenza su quel che significa mobilità sostenibile» sostiene sorridente.
Alessandra Filippi, 48 anni, architetto modenese e presidente nella città emiliana del circolo Legambiente nato nel 1983, si augura che, «al di là del colore», si possa fare qualcosa di concreto. «È semplice - spiega -: le auto sottraggono spazio a pedoni e biciclette. Se le riduciamo possiamo essere non solo più sani, ma molto più felici. Il sottosegretario alle Infrastrutture Erasmo D'Angelis? So che è stato invitato ma non l'ho visto. C'è pero il nostro presidente nazionale, Vittorio Cogliati. E ho visto i parlamentari del Pd Paolo Gandolfi ed Ermete Realacci».
Già, la politica. Nessuno lo dice ma la maggior parte di chi sta qui oggi è chiaro da che parte sta. La politica c'è eccome: «Una buona ragione per partecipare a questa manifestazione? La possibilità di andare in giro senza auto, liberamente, in una splendida giornata di sole con i miei amici» spiega candida Giulia Corti, 24 anni, graziosa laureanda in biologia che inforca una spartana bici da uomo rossa. «Da quando ci sono le piste ciclabili Milano è cambiata.
«La vera vittoria di questo evento è che hanno partecipato anche coloro in bici non ci vanno praticamente mai» conclude Roberto Meraviglia, 50enne presidente di «Canegrate pedala».
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