Costringeva minorenne a fare rapine

Il pusher aveva spinto un 17enne a spacciare e rubare per onorare un debito

Alcune volanti della polizia di Pisa
Alcune volanti della polizia di Pisa

Ha spinto un ragazzino di 17 anni a commettere rapine a mano armata, per saldare un debito di droga. Un italiano di 28 anni, con origini romene, è stato arrestato su ordine del gip di Monza dai carabinieri con le accuse di spaccio di sostanze stupefacenti, con l'aggravante di aver consegnato le sostanze a un minorenne. Dalle indagini del nucleo operativo era emerso che il 17enne aveva acquistato dal pusher, che si faceva chiamare «Dio», hashish e marijuana, e contratto un debito di circa 12mila euro. Per riuscire a saldarlo, il ragazzino ha commesso tre rapine armato di pistola ai danni di due supermercati e un tabaccaio a Monza. Inoltre, il minore era stato incaricato di effettuare consegne di droga per conto dello spacciatore.

Era stato lo stesso 17enne, quando era stato arrestato a ottobre, a confessare di essere stato costretto a compiere le rapine per la necessità di onorare il debito con il proprio fornitore che, secondo quanto rivelato dall'arrestato, spacciava da casa tramite Telegram e WhatsApp con il nickname «Dio». Fondamentale l'analisi della copia forense del telefono del 17enne che ha permesso di estrarre le chat fra i due protagonisti della vicenda, da cui sono emerse conferme al quadro accusatorio. La lettura delle conversazioni ha evidenziato un fitto rapporto fra i due, caratterizzato da frequenti incontri organizzati per la consegna di importanti quantitativi di droga, da qualche etto fino a oltre i due chili, che il diciassettenne rivendeva sia per conto proprio sia per conto del 28enne.

L'indagato, già arrestato per fatti analoghi dai carabinieri di Monza lo scorso anno, nel corso della perquisizione era stato sorpreso in possesso di circa 300 grammi di hashish e marijuana, diverso materiale per il confezionamento e la cifra contante di oltre 6mila euro, elemento quest'ultimo che, come evidenziato dal pm: «oltre a rivelare le

dimensione dell'attività di spaccio svolta dall'indagato, è altresì sintomatico del fatto che lo stesso, privo di apparente stabile occupazione lavorativa, trae dall'attività delittuosa i proventi per il proprio sostentamento».

RC

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