Cucina d'avanguardia E Misha usa aerografi, trapani e distillatori

Il «Puzzle», nuovo locale a Porta Venezia dove lo chef diventa un architetto del gusto

Michele Vanossi

Grande novità in Zona porta Venezia, qualche giorno fa in via Carlo Goldoni 33 all'interno del raffinato contesto dell'Hotel Townhouse 33 è stato inaugurato Puzzle, un ristorante caratterizzato da un concept fresco e molto internazionale che potrebbe far pensare a un laboratorio di chimica, ma non lo è.

Aperto solo la sera, prevede l'obbligo di prenotazione sia per l'esclusivo aperitivo da degustare nel piccolo cortile che ospita al massimo quindici persone che per la cena. Il prezzo per il menù degustazione completo di vini al calice in abbinamento è di 75 euro (60 euro per chi non desidera i vini). Gli ospiti si troveranno a cena seduti ad un unico grande tavolo che arreda la sala, alla stessa ora (fissata per le 20,30 tutti i giorni, domenica esclusa), per iniziare un'esplorazione guidata dal capitano milanese di origini armene Misha Sukya.

La sua mission è quella di fare incontrare e comunicare le persone (anche sconosciuti che si incontrano per la prima volta a tavola) attraverso un menù a sorpresa che cambia ogni giorno ed è composto da sei portate accompagnate, volendo, da sei calici di vino. Difficile quindi svelare i «piatti forti» dell'eclettico chef. Per citare un paio di nomi tra quelli finora proposti che hanno incontrato il gusto degli addetti ai lavori e soprattutto della clientela più esigente e che quindi si sono piazzati sul podio, potremmo rccontare del totano gigante sudafricano con gambero rosa siciliano crudo, salsa di avocado e lime e il merluzzo scandinavo cotto nel latte a 60 gradi con mandorla siciliana tostata, aglio e la tradizionale miscela di spezie della cucina giapponese «nanami togarashi».

Piatti da funambolo, perché il globetrotter Misha Sukya non è semplicemente uno chef ma un «visualizzatore», un architetto del gusto con un percorso personale camaleontico come le sue creazioni pensate per soddisfare e per creare una «comfort zone» nel palato.

La sua prima esperienza ha inizio col ristorante di famiglia a Cabo San Lucas in Messico. Giramondo per natura, Misha Sukya si sposta prima in Olanda (presso il ristorante Van Vlaanderen di Marc Philippart ad Amsterdam), poi vola verso Sydney dove lavora prima al Pier Restaurant con Grant King e poi con lo chef stellato australiano Peter Gilmore al Quay. Le sue tappe successive spaziano dalla Cina all'Indonesia. Nel 2007 torna in Olanda, sempre ad Amsterdam, dove perfeziona il proprio tirocinio e apre diversi locali: De Ysbreeker, Bar Itala e Lago.

L'incontro fondamentale per Misha è con Moshik Roth, chef israeliano di «avanguardia spietatissima» e paladino della cucina «tecno-emozionale». Ma come si può definire la cucina che propone oggi da Puzzle? «D'avanguardia, morbida e di ricerca ancestrale», assicura lui stesso. E questo probabilmente anche per il connubio e il contributo di ricerca gastronomica e scientifica. Basti pensare che per cucinare in assenza d'aria e in condizioni di vuoto continuo, impiega lo stesso distillatore progettato per separare i solventi nei laboratori di chimica (Rovalc).

Non solo, perché per la creazione delle sue «molle di zucchero» e per pelare le mele utilizza il trapano. E per la distribuzione delle salse e per servire la crema che accompagna il suo strudel di maiale? Addirittura gli aerografi.

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