A Milano ci sono quartieri periferici che devono fare i conti ogni giorno con il degrado, la criminalità e con i tanti accampamenti nomadi che sono ai margini della città. Campi talmente radicati all'interno del tessuto cittadino da sembrare ormai un'appendice naturale, qualcosa che c'è da parecchio tempo e come tale va accettata con la rassegnazione che si porta via anche l'ultima speranza di legalità. Per fare un raffronto internazionale in certe zone dimenticate sembra quasi di trovarsi a Rio de Janeiro dove accanto agli sfarzosi palazzi dell'élite economica di Ipanema ci sono le favelas a far da contraltare. Con la differenza che le dimensioni gigantesche e le sproporzioni sociali ed economiche della metropoli brasiliana e del Sud America in generale non si possono nemmeno comparare con Milano e l'Italia dove, forse, come al solito basterebbe un po' di buonsenso e di decisionismo per migliorare le periferie.
«La Milano del sindaco Beppe Sala è così, per due cose che ti dà, senz'altro valide, altre due te ne toglie» spiega sintetico Francesco Vecchi, 65 anni, operaio in una piccola impresa edile, mentre passeggia in via Console Marcello, a Villapizzone, periferia nordovest di Milano. E aggiunge allargando le braccia: «La zona è cambiata parecchio, la via Raimondi, ad esempio, non sembra più la stessa, ci sono molti servizi e poi guardi la carreggiata dei tram, molto più larga e moderna». A voler essere proprio polemici in effetti Villapizzone è brutta solo se la osservi dai finestrini del passante ferroviario che sul campo nomadi di via Negrotto ci passa proprio sopra. «Quando a maggio, dopo 50 anni, sono stati sgomberati i campi rom di via Zama e via Bonfadini, dall'altra parte di Milano, ci abbiamo sperato anche qui che la facessero finita con i rom e smantellassero lo stanziamento - spiega uno studente universitario della Bovisa, Fabio Starnazzi, 27 anni, che abita in via Flavio Andò -. Qualcuno aveva anche lanciato l'idea di istituire un comitato per sollecitare la chiusura del campo, ma poi non se n'è fatto nulla. Certo la vita qui è migliorata rispetto a tanti anni fa, ma si potrebbe fare meglio. Troppi gli stranieri e poi le strade sono quelle di un quartiere di terza categoria, piene di crepe».
«Questa è una zona dove o ci sei nato e vivi il quartiere da sempre oppure rappresenta una delle tante aree-dormitorio della città - spiega Oscar Ghilardi, 72 anni, pensionato, mentre racconta che i vecchi abitanti ormai sono rimasti davvero pochi -. In via Giorgio Castelli ci sono palazzi dove risiedono solo ed esclusivamente ecuadoriani. Che amano restare tra di loro e certo non si mescolano agli italiani anche perché conducono uno stile di vita completamente differente dal nostro. Insieme a loro ci sono i rom: è possibile che Milano abbia uno stanziamento di nomadi nel cuore di uno dei quartieri più vecchi e storicamente prestigiosi della città? Gli zingari vanno in giro a rompere i vetri delle auto...». Un fatto, questo, confermato anche da Patrizia Robecchi, 58 anni, segretaria: «Ai vetri delle auto rotti si aggiungono i sacchetti delle spazzatura, che la mattina ritroviamo regolarmente aperti in strada, con i rifiuti sparsi a terra, perché qualcuno li apre anche se non capisco cosa pensi di trovarci all'interno. E visto che l'Amsa non passa prima delle 10, se lo può immaginare cosa diventano nel frattempo le carreggiate». Erano stati proprio i nomadi di via Negrotto che circa un anno fa, a febbraio, avevano circondato, minacciato e cercato di aggredire Stefano Bolognini, assessore regionale e commissario cittadino della Lega a Milano, durante un sopralluogo nel campo insieme al capogruppo della Lega nel Municipio 8 Enrico Salerani e ad alcuni cittadini. «Solo la presenza della polizia, che ringrazio per la professionalità dimostrata, ha evitato il peggio» aveva commentato Bolognini sui social raccontando il fatto, mentre sottolineava che il campo rappresenta un centro di illegalità, che i suoi abitanti vivono in sfregio alle istituzioni e alle leggi e che proprio per questo andrebbe chiuso. Ma l'appello della Lega, va detto, è rimasto il solo - peraltro inascoltato dall'Amministrazione comunale - degli ultimi anni.
Secondo Laura Zecchini, 70 anni portati in bellezza, il vero problema del quartiere è un altro. «Il degrado potrebbe inghiottirci se continuiamo a far espandere la grande distribuzione, eliminando i piccoli negozi, chi li gestisce e li frequenta. Quando ero più giovane in via Console Marcello, dove abito, c'erano mercerie, gastronomie di qualità e persino una bella sartoria. Adesso non solo dipendiamo esclusivamente dal supermercato ma piazza Villapizzone - cuore del quartiere e dove c'è una bella fontana che dà una apparenza decorosa a tutta la zona - è invasa dai nordafricani che la affollano a ogni ora del giorno e della notte, ascoltando musica a tutto volume e lasciando in giro rifiuti.
Non vede che ci sono cartoni della pizza ovunque? Una città abbandonata nelle mani di incivili dai propri amministratori, che pure hanno contribuito a migliorarla, fa in fretta a trasformarsi in un ghetto. Dove vivere ogni giorno può essere un inferno».
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