Un allentamento delle misure restrittive che ha il sapore più che altro della beffa. L'allungamento di un'ora del coprifuoco, che potrebbe scattare questa sera, infatti, cambia poco o nulla ai ristoratori che non avrebbero nemmeno la possibilità di inserire il secondo turno per la cena. L'unico vantaggio è forse per i milanesi che potranno godersi la cena senza vedersi sparecchiare il desco sul più bello, ma se la misura punta a dare una boccata di ossigeno alla categoria stremata da due lock down e a permettere il ritorno a una vita normale, allora non ci siamo. «Esattamente un anno fa - ricorda Carlo Squeri, segretario di Epam, l'associazione dei pubblici esercizi di ConfCommercio - il 18 maggio avevamo aperto tutti i locali, anche al chiuso, e senza coprifuoco. Cosa è cambiato? Ora abbiamo una campagna vaccinale in corso, i medici hanno acquisito esperienza clinica eppure...abbiamo il doppio delle restrizioni». Non solo, lo slittamento dell'orario di chiusura alle 23 non sembra agevolare molto la vita al settore: «Se almeno fosse fino a mezzanotte, consueto orario di chiusura, potremmo inserire il doppio turno per cena e quindi lavorare di più, tenendo sempre conto che i coperti sono solo all'esterno, per chi ha la fortuna di avere uno spazio fuori, ma così non è possibile». Senza tenere conto che un anno fa «i ristoratori erano provati da due mesi di chiusura, adesso portano sulle spalle il peso di un anno e più di non lavoro» ragiona Squeri. Il 50 per cento dei pubblici esercizi degli 8mila che si contano solo a Milano città dispongono di berceau, pergolati, cortili interni, spazi all'aperto insomma, la restante metà nemmeno quello.
È diventato, dalle prime indiscrezioni uscite dal Consiglio dei Ministri di ieri pomeriggio, il 21 giugno il D-day, il giorno in cui si prevede di cancellare ogni limitazione oraria, ma «pensare di lavorare un altro mese fino alle 23 è drammatico (il 7 giugno lo slittamento previsto alle 24), soprattutto per le attività serali o quelle stagionali come i locali sui Navigli che quasi non lavorano d'inverno» continua il segretario di Epam.
Facendo due conti: l'analisi su base mensile dell'Ufficio Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza focalizzata sulle 21mila attività di somministrazione stima una crescita dei ricavi, con lo slittamento alle 23 della chiusura, di 18,6 milioni di euro. Cifra che quasi raddoppia, arrivando a 33,6 milioni di euro con il coprifuoco alle 24. Ben altro impatto avrebbe la riapertura dei locali anche al chiuso: con la chiusura alle 23 la crescita dei ricavi su base mensile salirebbe a 109 milioni di euro (108,8), alle 24 raggiungerebbe i 184 milioni.
Infine il tema della sicurezza: la cosiddetta movida nulla ha a che vedere con la fine del coprifuoco, anzi.
«Dove i clienti sono seduti ai tavoli con le dovute distanze non ci sono rischi e le persone sono facilmente controllabili, al contrario, come abbiamo visto a Brera, sui Navigli o in altre zone l'assembramento fino a notte fonda diventa incontrollabile con tutte le conseguenze del caso».
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