La farmacia centenaria comprata dalle cosche

L'elegante presidio liberty è in piazza Caiazzo dal 1907 La 'ndrangheta ha investito 220mila euro per prenderla

Luca Fazzo1907, recita orgogliosamente l'insegna liberty della farmacia di piazza Caiazzo. Dietro il bancone, due giovani farmaciste linde e cortesi. Nulla, proprio nulla, fa sospettare di trovarsi in un avamposto del crimine organizzato. Eppure per la Squadra Mobile non ci sono dubbi: nel 2006, quando stava per festeggiare i cent'anni dalla fondazione, la farmacia passò di mano. A comprarla fu il farmacista calabrese che ancora oggi ne è il proprietario, Giampaolo Giammassimo. Ma una parte dei i soldi (220mila euro, per l'esattezza) venivano dai clan della 'ndrangheta di San Luca, in Aspromonte: dalle famiglie Romeo e Calabrò, protagoniste della cupa epoca dei sequestri di persona e poi del business del narcotraffico. Il tesoro dei Calabrò era parcheggiato presso l'ufficio postale di Siderno, in provincia di Reggio Calabria, il cui direttore Giuseppe Strangio è stato arrestato ieri con l'accusa di avere riciclato per vent'anni i soldi dei suoi parenti malavitosi. E fu con quei soldi che si concluse l'affare di piazza Caiazzo.Storia singolare e anche un po' dolorosa, questa che ieri viene raccontata in Questura da Ilda Boccassini, procuratore aggiunto antimafia, e dal suo pm Paolo Storari. Che ai clan calabresi interessasse penetrare nel mondo della sanità lombarda era purtroppo noto da tempo: tra Asl e direzioni sanitarie, l'elenco degli inquisiti e degli arrestati per mafia è impressionante. Ma questa passione per la farmacia è cosa nuova: «Una farmacia vuol dire soldi, lavoro, rispettabilità sociale», sintetizza bene Storari. E di rispettabilità trasuda, a visitarla ieri, la farmacia Caiazzo, con la sua bella dottoressa al bancone che sembra sinceramente incredula: «Dovreste parlare col titolare». Che però, ovviamente, non c'è.Giammassimo, il titolare, è incensurato. Ma è figlio di Domenica Calabrò, snodo cruciale delle complicate genealogie dei clan aspromontani. Lui, il farmacista, ha sposato una delle sorelle Giorgio: l'altra è la moglie di Antonio Romeo detto «Centocapelli», figura di spicco della mafia calabrese, discendente di Sebastiano Romeo «U staccu». I suoi zii sono Giuseppe, «u dutturicchiu», e Francesco Calabrò, pluricondannati per sequestri e narcotraffico. Una volta comprata la farmacia milanese, ha messo dietro il bancone dei ragazzi venuti dalla Calabria a Milano a studiare farmacia, anche loro tutti imparentati bene: c'è Antonella Strangio, figlia del direttore delle poste di Siderno arrestato ieri; c'è Sebastiano Calabrò, figlio di Giuseppe, «u dutturichiu». C'è un altro cugino.

C'è insomma una passione per medicine e galenici che sembra avere contagiato una intera, grande famiglia. E, come dice Ilda Boccassini, «le colpe dei padri non ricadono sui figli», e «ognuno è libero di scegliere la facoltà che preferisce»: ma è chiaro che è la prima a trovare sospetta la cosa.

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