«Green book», retroscena di storie vere

Non solo un inno alla tolleranza etnica. Green book di Peter Farrelly è la storia al contrario di un'amicizia tra un bianco e un nero dove il povero è il primo ma ad essere ghettizzato è il secondo. Tre Oscar - film, attore non protagonista e sceneggiatura - l'opera arriva in versione home video firmata Eagle pictures con un apparato di contenuti che ne svelano i retroscena. A partire dagli interpreti.

La storia è vera. Sia l'autista sia il virtuoso del piano sono realmente esistiti nelle persone di Tony Lip, pseudonimo di Frank Anthony Vallelonga, ex attore di secondo piano nella serie «I Soprano» e italoamericano di origini che nella sua vita al Bronx si è adattato a fare un po' di tutto, fra cui scarrozzare il celebre artista Don Shirley nella sua tournée negli States del Sud a fine anni Sessanta. Ebbene, Viggo Mortensen che ha dato vita a Tony Lip ha spiegato come non si tratti di «una semplicistica storia di un bianco e un nero» ma ha aggiunto che «né io né Mahershala Ali siamo simili agli uomini portati sullo schermo, però ne abbiamo colto lo spirito in profondità».

Per piccoli discostamenti estetici rispetto all'originale, molto altro è tratto dai fatti. Vallelonga è morto il 4 gennaio 2013 ma ha lasciato lettere, registrazioni e soprattutto ha tramandato oralmente la sua storia. A riceverne le confessioni è stato il figlio Nick che ha collaborato con il regista nella stesura della sceneggiatura. Così è nata anche la costruzione dei personaggi. «Volevano un racconto fedele a quanto mio padre mi aveva raccontato. Quando ero un bambino ho incontrato Don Shirley. Un soggetto unico. Un incrocio tra Liberace e Beethoven».

Definizione che spiega i costumi e gli arredi appariscenti della casa di Shirley ma anche il suo abbigliamento classico ed elegante di tanti concerti. Particolari che Viggo Mortensen - «strepitoso osservatore attento a ogni sfumatura» come lo ha definito Ali - non poteva non notare. Chiavi di lettura che permettono di comprendere l'esatto significato di molte ambiziose frasi di cui Green book è ricco. «Non tutti possono suonare Chopin» va inteso proprio in quella convivenza di opposte nature - Liberace e Beethoven - di cui Shirley era una sintesi. O quel «serve coraggio per cambiare l'animo delle persone» che descrive la parabola di Lip, all'inizio del film sprezzante verso i neri e poi totalmente benevolo.

Come se quel Negro motorist Green book, guida dei locali che accettavano i neri e così definita dal nome dell'autore, Victor Hugo Green, avesse convertito anche Tony. Perché, a suo modo, Green book insegna la storia sociale degli Usa anni Sessanta. Insegna a vivere.

Come Selma. Come Il diritto di contare.

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