Indro e la "Grande Milano", pagine frivole con impegno

Quarant'anni fa l'inserto dedicato a moda, cultura e costume della città da bere: "Ma niente fregnaccette!"

Indro e la "Grande Milano", pagine frivole con impegno

Scrivanie affogate sotto quintali di volumi, riviste e giornali, ticchettare nervoso di macchine per scrivere, registratori a nastri, tv accese sugli ultimi notiziari, macchie di inchiostro, cronisti in nervosa attesa delle agenzie, qua e là i primi modem (e gli ultimi dimafoni), voci alte al telefono, tazzine sporche di caffè e scrivanie bruciacchiate dai resti di mozziconi. É così che dobbiamo immaginare la nascita, mercoledì 20 gennaio 1982 cioè 40 anni fa, delle pagine della «Grande Milano - Costume», fortemente volute da Indro Montanelli, fondatore e già leggendario direttore del Giornale, e dedicate, come scrisse presentando la novità, «alla cultura, alla moda e alle mode; un intreccio di cose serie trattate con leggerezza e di cose frivole trattate con impegno».

Le sei pagine, che si aggiunsero alle due già consacrate alla cronaca cittadina, vennero affidate al bravissimo Giampaolo Martelli, nato nel 1932 e scomparso nel 2016, cronista di razza che fece da maestro a Domizia Carafoli, Beppe Severgnini, Tiziana Abate, Elisabetta Muritti, Roberta Pasero e molti altri nomi importanti del giornalismo di oggi. Zazzera brizzolata e maglione grigio, scriminatura a destra, occhiali dalla montatura pesante, pantaloni in velluto millerighe, entrava di fretta nel portone di via Negri con sotto il braccio un fascio di giornali sgualciti a mo' di «baguette» e saliva al quinto piano scusandosi ogni volta per la voce stentorea, forte «come un trombone». «Fatevi un caffè che si parte», era la sveglia quotidiana alla squadra. Il compianto Lucio Lami amava definirla «la stanza dei giochi», ma quella rubrica fu molto di più: un intelligente e libero osservatorio sul costume cittadino, sulle mode, manie, vezzi non solo di Milano ma di tutta l'area metropolitana. «Nelle otto pagine troverete, oltre agli avvenimenti della città, anche quelli dei molti centri vicini che sono essi stessi medie o piccole città. Quell'area vasta, importante, viva, ricca di fatti, carica di problemi, che direttamente gravita su Milano pur superandone di molto l'ambito municipale», scriveva Montanelli.

Ne venne fuori un mix di serietà e frivolezza, rigore e leggerezza proprio come era nelle intenzioni: già nella prima uscita si passa con nonchalance dalle celebrazioni vinciane (mostre, convegni, libri ed eventi sul genio di Leonardo) alla rediviva moda del cappello tra i giovani, dai fumetti di Nembo Kid alle botteghe storiche di Porta Ticinese. «Mi raccomando ragazzi, niente fregnaccette», aveva ammonito Indro. Messaggio recepito: quelle cinque parole dicevano già tutto e divennero un comandamento per un gruppo di giovani talenti, perlopiù «in rosa». Tra i pochi uomini incontriamo un venticinquenne Beppe Severgnini a caccia di discoteche e «locali alternativi», accanto a Dino Curtò e Riccardo Orizio. Poi tante ragazze, sempre in giro per Milano perché internet non c'era e le notizie dovevi andartele a cercare di persona: Lucia Mazzer, sempre in tram o a piedi sulle tracce di «qualcosa di insolito», Vera Coppa, Stefania Berbenni, Marina Moioli, Ginevra Bruzzone, Anna Tagliacarne, Franca Protti, Laura Dago, Barbara Gerosa, Virginia Manzitti, Elena Mantaut. E naturalmente Carafoli, che con lungimiranza volle rendere le pagine gradevoli alla vista, occupandosi anche della selezione di immagini, disegni e illustrazioni.

Ebbe inizio così un viaggio per raccontare cosa stesse succedendo in quella che era definita la «capitale morale», ricordò Martelli festeggiando il primo anno.

E ora che di anni ne sono passati quaranta, possiamo dare ragione a Tiziana Abate, che sognando Manhattan disse una volta: «Anche a Milano però ci sono un mucchio di cose da vedere e descrivere, anche qui succede tutto e il contrario di tutto. La nostra New York, in fondo, è qui».

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