C'è tutto il peso della grande industria dietro il plebiscito con cui ieri l'Assolombarda ha scelto il suo nuovo presidente. Intorno alla candidatura di Gianfelice Rocca, numero uno di Techint, si erano negli ultimi giorni radunati consensi crescenti, al punto da convincere progressivamente al ritiro gli altri imprenditori in lizza: tutti espressioni del tessuto di imprese medie e piccole che costituisce l'ossatura confindustriale in Lombardia. L'ultima a rinunciare alla corsa è stata Adriana Mavellia, titolare di una azienda di comunicazione, che di fronte a Rocca-Golia ha capito che il suo destino non sarebbe stato quella di Davide.
Così la giunta chiamata a scremare le candidature si è trovata di fronte ad una scelta senza alternative. «Nessun membro ha votato contro», dicono i rumors di via Pantano, a confermare che qualche astensione c'è stata: ma, si dice, in quantità considerate fisiologiche. L'assemblea generale convocata per giugno non farà altro che ratificare l'incoronazione di Rocca. Dopo un presidente-manager come Alberto Meomartini, Assolombarda torna a un presidente-imprenditore: come fu fino al 2009 Diana Bracco.
Ed è a un presidente-imprenditore in grado di sedersi al tavolo dei grandi del mondo (da Putin alla Kirchner al caudillo venezuelano Chavez) che la base di Assolombarda decide di affidarsi in uno dei momenti più difficili della sua storia. Il vento di contestazione che ha investito i vertici nazionali di Confindustria spira, per ora, soprattutto dal nordest. Ma anche in Lombardia i conti della crisi si fanno sentire pesantemente sui bilanci del «sindacato dei padroni». Rocca raccoglie la sfida: «Bisogna tornare con rinnovato orgoglio alla tradizione dell'industria lombarda; Milano deve tornare a confrontarsi con le grandi città europee, perché solo da Milano può ripartire il Paese».
Il gruppo di Rocca è un colosso da ventiquattro miliardi di dollari e 57mila dipendenti: impianti, siderurgia, energia; a Milano controlla anche la clinica Humanitas, dalle cui fila è uscito il nuovo rettore della Statale, Gianluca Vago. Dalla tolda di comando di questo impero Rocca ha da tempo scelto di spendersi anche nel fronte associativo. Vicepresidente di Confindustria, pochi mesi fa marcò bruscamente la sua distanza dalla linea del presidente Squinzi, colpevole di avere liquidato con una insufficienza in pagella il governo Monti e con un giudizio sferzante («una boiata») la sua riforma del mercato del Lavoro: «Mi auguro che Squinzi sia stato frainteso e comunque ritengo non rappresenti la posizione di Confindustria, cui non spetta dare voti né giudizi superficiali», disse Rocca: a conferma che furori da anti-Casta o addirittura da anti-politica, che pure serpeggiano nella base imprenditoriale, sono lontani anni luce dal suo modo di pensare e rapportarsi.
Tra i passaggi che attendono la presidenza Rocca (cui Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, dedica il giudizio «è un uomo di
valore») la scelta del direttore generale: opzione a due tra la riconferma del direttore uscente, Antonio Colombo, e l'ingresso in scena di Stefano Parisi, city manager del Comune di Milano epoca Moratti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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