"Io in scena come Winston Churchill Oggi lui non approverebbe la Brexit"

L'attore al Teatro Parenti dall'8 gennaio: «Un altro così ora non c'è»

"Io in scena come Winston Churchill Oggi lui non approverebbe la Brexit"

Lo abbiamo visto nel film L'ora più buia, uscito in Italia lo scorso gennaio: sir Winston Churchill era interpretato da un magnifico Gary Oldman, truccato come si conviene. Ora, passato un anno, vediamo al Parenti (dall'8 al 19 gennaio) l'attore Giuseppe Battiston calato nella parte in Winston vs Churchill, pièce da un testo di Carlo G. Gabardini, diretta da Paola Rota.

Per il 50enne Battiston qual è stato il primo Churchill? Lo ha scoperto da solo?

«Il primo incontro con la figura di Churchill è stato sui banchi di scuola. Quando si studia la seconda guerra mondiale non si può fare a meno di conoscerlo. Da allora sono sempre stato convinto che fosse la figura cardine di quell'epoca».

Qualche leader di oggi gli somiglia, anche lontanamente?

«No. Non vedo una figura politica che gli si possa avvicinare, nella sostanza o nei modi. Churchill era una persona colta e raffinata. Nei discorsi dei politici di oggi non sento originalità, riescono solo a offendersi a vicenda».

Ci racconta la storia dello spettacolo e quali sono state le difficoltà per calarsi nel personaggio?

«Abbiamo immaginato Churchill nella fase finale della vecchiaia, nella sua residenza di Chartwell nel Kent, assistito dalla giovane infermiera Margaret, interpretata da Lucienne Perreca. Va in scena un doppio confronto: generazionale, tra una giovane e un anziano, e tra il politico che parla al giovane. Vivo sempre con divertimento le difficoltà di questi percorsi. Non amo le immedesimazioni, mi sembra più interessante recuperare qualcosa del personaggio e lavorarci sopra. Ad esempio, la passione per i gatti, gli aspetti piccoli della strabordante personalità di Churchill. Ci sono anche i suoi vizi: il fumo, l'alcol e soprattutto la depressione».

Pensa che se Churchill fosse vivo, approverebbe la Brexit in nome dello spirito nazionale?

«Non l'approverebbe proprio per lo spirito nazionale. Churchill era un convinto europeista, nello spettacolo c'è un accenno alla questione. Già settant'anni fa lui parlava di un'Europa unita, che includeva l'Inghilterra. La Brexit è figlia del vento populista: soffiando in modo sbagliato crea danni».

Prima di combatterli, pare che Churchill non avesse un'opinione estremamente negativa di Hitler e Mussolini. Le risulta?

«Churchill, personalità controversa, si è ritrovato a confrontarsi con uomini forti. Era un'epoca in cui gli interlocutori si chiamavano Hitler, Mussolini, Stalin: bisognava trovare intese, e non era facile. Credo che Churchill, da grande politico, abbia anche usato queste relazioni per l'interesse nazionale, per vincere la guerra, per portare l'Europa fuori dal baratro delle dittature più spietate».

Nel mondo politicamente corretto di oggi, un conservatore con tanti vizi come Churchill verrebbe crocefisso?

«Non credo che verrebbe additato come esempio negativo. Con i suoi vizi danneggiava solo se stesso, non la sua nazione».

Che cosa bolle nel pentolone di Battiston?

«Ci sono film in

uscita, come Il grande passo di Antonio Padovan presentato al Torino Film Festival, e una commedia diretta da Rolando Ravello, È per il tuo bene. Poi ho progetti a cui tengo molto, ma in questo momento non posso dire di più».

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