Aida di Giuseppe Verdi in scena in questi giorni (fino al 3 giugno) alla Scala è il trionfo della Grande Bellezza italiana. Quella senza età. E che piacendo fa il tutto esaurito: lo spettacolo è stato venduto subito, anche al grande pubblico. È l'allestimento che Franco Zeffirelli firmò nel 1963 con le scene dipinte da Lila De Nobili. La terra dei Faraoni viene riletta attraverso le suggestioni pittoriche del Secondo Impero. Un capolavoro visivo. Un capolavoro delle giustamente decantate manifattura e arte italiane. Perché quei fondali dipinti non possono che uscire da mani italiane. Quell'armonia di colori è nel nostro dna, quella cascata di ori mai kitsch è roba nostra.
La produzione di quest'edizione non vive di eccellenze canore. Anche il nocchiere non è di quelli memorabili, Daniel Oren è direttore solido, ma nulla di più, non per nulla mai stato alla Scala. Del resto, a Milano viene in sostituzione dell'ottantaseienne Nello Santi. Fabio Sartori è un Radames dove il piglio guerriero uccide tutto il resto, non una finezza proprio in sintonia con la buca d'orchestra. Krassimira Stoyanova aderisce al personaggio di Aida come meglio può, ma è l'antitesi del cosiddetto cantante «animale da palcoscenico». Violeta Urmana ha conosciuto un crescendo ricordandoci, a momenti sempre meno rari a piano a piano che l'opera avanzava, perché fosse abituale frequentatrice della Scala. Bene i due re, d'Etiopia e d'Egitto, e il Gran Sacerdote.
È questo un omaggio ai 95 anni di Zeffirelli. In un incontro ci spiegò che la sua opera cult di Verdi è Otello, ma a proposito di Aida La definì «una bellissima fantasia, il frutto di cultura straordinaria e del più grande genio dell'Italia d'Ottocento. Di fronte a un committente che chiedeva uno spettacolo grandioso, pensato per festeggiare l'apertura del Canale di Suez, Verdi rispose con un'opera celebrativa immettendovi cose estremamente raffinate e delicate. Forse non proprio in linea con quanto richiesto». Zeffirelli è artefice di altre Aida tra cui l'ultima scaligera del 2006 poi venduta ad Astana. In quell'occasione il regista parlò di una produzione «cacciata dal repertorio scaligero», per la verità abbandonava gli spazi di stoccaggio per essere ragionevolmente capitalizzata altrove.
Ora il riscatto con questo allestimento che Zeffirelli definisce «un atto d'amore per un'idea tradizionale della messinscena operistica. La conservazione contribuisce a realizzare il sogno di trasmettere e consegnare al mio pubblico la testimonianza del mio operato, la cifra stilistica e il denominatore che unisce i miei spettacoli».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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