Un «ostacolo» alla libertà religiosa». Così il Tar Lombardia torna sulla legge regionale anti-moschee, e solleva una nuova questione di legittimità costituzionale. Potrebbe essere nuovamente sottoposta all'esame della Consulta, dunque, la legge del 2/2015, che per precisa volontà della maggioranza di centrodestra ha introdotto dei paletti alla apertura di nuovi luoghi di culto.
I giudici amministrativi si sono occupati della questione perché investiti del caso di Sesto Calende (Varese), dove il Comune ha detto no a un luogo di culto islamico. Secondo il Tar, la «mancata previsione, da parte della norma regionale», «di tempi certi di risposta alle istanze dei fedeli interessati» alla costruzione di una moschea su un territorio comunale, creerebbe una situazione di «attesa a tempo indeterminato e di incertezza» che è «ostacolo all'esplicazione del diritto di libertà religiosa». Oltre a pronunciarsi sul caso specifico, dunque, la sentenza solleva la questione di costituzionalità, chiamando in causa la Consulta, che giudica la legittimità delle norme di legge e dirime i conflitti fra poteri. I giudici amministrativi lombardi, dopo il ricorso dell'Associazione comunità islamica ticinese sulla vicenda che va avanti da alcuni anni, hanno evidenziato profili di «incostituzionalità» della normativa regionale ulteriori rispetto a quelli che sarebbero già stati messi in luce in un'altra sentenza.
A dire il vero, a marzo 2016 la Consulta si era già pronunciata sulla legge, con una sentenza in chiaroscuro, che tuttavia aveva lasciato sostanzialmente in piedi l'impianto della «anti-moschee»: era stata cassata la commissione regionale pensata per intervenire - con funzioni consultive dei Comuni - nei casi di confessioni religiose senza intese con lo Stato, ed erano state cassate anche le previsioni che impegnavano le forze dell'ordine, che non possono essere coinvolte da una previsione normativa regionale. A parte questo, erano rimaste in piedi tutte le altre previsioni. Stavolta i giudici si concentrano in particolare sull'articolo 72, che non obbliga il Comune a pronunciarsi entro un certo limite di tempo.
«Rispettiamo quanto afferma il Tar della Lombardia nella sua sentenza - commenta l'assessore regionale al Territorio e Protezione civile, il leghista Pietro Foroni - ma attendiamo fiduciosi che si pronunci nel merito quella stessa Corte costituzionale che, già due anni fa, diede ragione alla Lombardia in merito al ricorso presentato dall'allora presidente del consiglio Matteo Renzi».
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