Rendere la Lombardia prima meta turistica italiana. L'obiettivo è ambizioso, considerando che in uno Stato in cui i chilometri di costa sono quasi 7.500, la Lombardia, quantomeno dalla fine dell'ultima glaciazione, il mare non ce l'ha. E non ci si può fare molto almeno fino alla prossima. «Ci sono però i laghi e le montagne, che coprono gran parte del terriotorio» replica, sorridendo, Lara Magoni, il nuovo assessore al Turismo della Regione. Sarà lei a gestire il brand «Lombardy» tanto caro all'ex presidente Roberto Maroni e qualche progetto è già in cantiere. Il primo è avviare «un tour in tutte le province per raccogliere esigenze, stimoli ed idee e costruire insieme a loro un grande piano per il turismo che veda i territori protagonisti». II tour partirà nelle prossime settimane e durerà sei mesi per arrivare alla stesura del Piano nel 2019. Poi c'è il gemellaggio con le regioni del sud: in prima fila la Puglia, che ha un assessore donna come lei, con cui «c'è un ottimo rapporto». Scambiarsi «turisti e prodotti enogastronomici» è la sua idea. Forse in contraddizione, parzialmente, con il regionalismo e l'orgoglio lombardo dell'area leghista della maggioranza. D'altra parte l'ex campionessa di sci ha scelto, dopo aver militato in una lista civica al fianco dell'ex governatore Maroni, di entrare in Fratelli d'Italia che ha nel principio di unità nazionale un pilastro. «Ero consigliera della lista Maroni presidente quando Giorgia Meloni mi chiamò a Roma. Io, da sportiva, non volevo iscrivermi a un partito, né avere tessere. Ma l'ho fatto per lei, per la donna che è».
E così c'è stata la svolta nella seconda vita di una sportiva: dopo i banchi del Pirellone, l'exploit di FdI alle ultime elezioni e un posto in Senato: «Tra i 18 del partito, mi sono sentita nel gotha della politica italiana». Poi la decisione di «tornare a casa», per fare l'assessore al Turismo, Marketing territoriale e Moda della Regione più ricca d'Italia: «Però di base sono ancora un'albergatrice e una commerciante», precisa. E un'affezionata delle valli bergamasche da cui proviene e di cui si porta l'inconfondibile accento: «Dovrò arrendermi a trasferirmi a Milano, perché anche stamattina ci ho messo quasi due ore e mezza per arrivare al lavoro».
La folgorazione con la Meloni è stata reciproca: «Voleva fare di me il nuovo volto femminile della destra italiana», confessa, ricordando alcune telefonate nelle notti frenetiche di chiusura delle liste nazionali. Conversazioni di supporto anche quando la polemica scoppiata dalle sue frasi su Facebook (a cavallo del Primo maggio) a proposito dei diritti dei lavoratori nati, a suo dire, nel ventennio fascista, l'ha travolta: «Quel concetto era chiaro, ma i giornali lo hanno letto diversamente. È il vostro lavoro. Da sportiva sono forgiata: quando vincevo mi osannavano, quando perdevo mi distruggevano». L'esperienza sulle piste da sci in sedici anni di nazionale azzurra - una medaglia d'argento ai Mondiali di Sestriere dietro alla compagna e amica Deborah Compagnoni, la Coppa del Mondo e le Olimpiadi - serve anche in politica? Sembrerebbe di sì, se non altro per parare i colpi dei detrattori. C'è chi in quei giorni l'ha definita fascista. Ma anche su questo risponde con sufficienza: «Nel mio elettorato c'è di tutto: gente che ha votato rosso per una vita.
Qualche nostalgico che talvolta mi imbarazza e qualcuno che mi ha confessato di non essere riuscito a mettere una croce sulla fiamma che c'è nel simbolo di FdI. Io rispetto tutte le posizioni. Ma rimango una donna di destra».
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