C hi l'altra notte ha dormito all'aperto lo ha fatto per sua scelta. I posti c'erano». La fa facile, Pierferancesco Majorino. Dalle colonne del «Corriere della Sera», l'assessore al Welfare di Palazzo Marino ha speso poche parole per commentare l'immagine della stazione Centrale «occupata» da decine e decine di immigrati. Di più, ha di fatto scaricato su questi ultimi la responsabilità del colossale bivacco all'ombra della Mela di Pistoletto. Come fosse un evento ineluttabile. Come se nessuna autorità pubblica potesse impedirlo, o anche solo marginalmente contenerlo. Soprattutto, senza soffermarsi sullo spettacolo inumano - intendiamoci, per i milanesi costretti ad assistere ma anche per quelle stesse persone stese sull'erba come bestie - che le foto di questi giorno hanno documentato. Insomma, le parole di Majorino sembrano stare a metà fra una gaffe e una bugia. I posti c'erano? Allora i profughi dovevano essere «invitati» a trascorrere la notte su una branda, e non tra i cespugli. Ma i posti c'erano veramente?
E qui sorge qualche dubbio. Sicuramente è al collasso l'hub di via Sammartini - l'ha spiegato domenica al «Giornale» Alberto Sinigallia, il direttore della fondazione che gestisce la struttura - dove a fronte di una disponibilità di 70 letti vengono assistiti circa 200 stranieri al giorno. Quanto alla capacità di accoglienza che Milano mostra nel suo complesso, basta intendersi: da lungo tempo ormai la città vive sul ciglio di un'emergenza umanitaria, e il fatto che non abbia (ancora) raggiunto il punto di rottura non vale come rassicurazione.
Ora, sentire che «chi ha dormito all'aperto lo ha fatto per sua scelta» non è accettabile. Davanti alla stazione non c'era qualche clochard in cerca di un angolo riparato dove prendere sonno, ma una colonia di disperati che hanno trasformato una piazza in un campo profughi. Non è un problema di decoro su cui si può eccezionalmente sorvolare, quanto di ordine pubblico. E dell'ordine pubblico si deve occupare l'amministrazione, senza tentennamenti.
Diamo atto a Majorino
di una cosa: al suo assessorato tocca gestire l'emergenza profughi a Milano, e di sicuro non si tratta di un compito semplice. Ma pensare di liquidarla con risposte ancora più semplici appare la strada più sbagliata.ELag
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