Mamma e gemelline morte Alla Mangiagalli 4 indagati

Due dottoresse e due ostetriche sotto inchiesta Il ministro Lorenzin: «Sia accertata la verità»

Maria Sorbi

E spuntano i nomi dei primi quattro indagati. Dopo la morte, alla clinica Mangiagalli, della 36enne Claudia Bordoni e delle due gemelline che portava in grembo, arrivano le prime iscrizioni al registro degli indagati per omicidio colposo. Si tratta, per ora, solo delle persone che hanno avuto a che fare con la donna (alla 24esima settimana di gravidanza) nelle sue ultime ore di vita e al momento del decesso: due dottoresse e due ostetriche del reparto di via della Commenda. Non sono invece coinvolti né i direttori né i medici che hanno visitato Claudia e firmato le sue cartelle cliniche durante i suoi sette accessi, nei mesi precedenti, all'ospedale.

Le quattro persone che hanno ricevuto informazioni di garanzia - anche come atto dovuto per avere il tempo di nominare consulenti in vista dell'autopsia fissata per domani - lavorano nel Dipartimento materno-infantile dove la donna è stata ricoverata, per l'ultima volta, dal 27 aprile scorso fino al giorno successivo, quando è deceduta per un'emorragia (già il 26 aprile si era recata al pronto soccorso della stessa clinica). Gli accertamenti riguardano in particolare le cause del decesso della donna e non dei feti.

Claudia sarebbe morta nel letto della corsia del reparto a causa di un'inarrestabile emorragia gastrica. Dopo un tentativo di rianimazione, si è capito subito che per le non ci sarebbe stato più nulla da fare. I medici quindi avrebbero cercato di salvare almeno le due bimbe, con un cesareo d'urgenza, senza nemmeno avere il tempo di correre in sala operatoria. Un tentativo vano poiché le gemelline, di appena 300 grammi l'una, sembra siano nate già morte. Sarà comunque l'autopsia di domani, che verrà effettuata anche sui due corpicini, a chiarire le dinamiche dell'intervento e le cause della morte.

Al momento non sono stati iscritti nel registro degli indagati medici o dipendenti del San Raffaele, dove la donna è stata ricoverata nei giorni precedenti. Né dell'ospedale di Busto Arsizio, dove Claudia è stata monitorata per qualche giorno in aprile a seguito di alcune perdite. A Busto Arsizio ieri gli inquirenti hanno comunque raccolto tutto il materiale necessario a ricostruire il quadro clinico della giovane. Le cartelle cliniche verranno consegnate al pm Maura Ripamonti, che si sta occupando dell'inchiesta, seguita in prima persona anche dal procuratore Pietro Forno.

Molto attenta alla vicenda è anche il ministro alla Salute Beatrice Lorenzin che da poco è mamma di due gemelli. «Vorrei dire alla famiglia di Claudia che mi adopererò personalmente perché sia accertata la verità. E perché abbiano giustizia».

Oltre alle indagini della Procura infatti, al lavoro per ricostruire fatti ed eventuali responsabilità sono anche gli ispettori mandati a Milano dal ministero della salute. Non solo. Da domani entrerà in azione anche la squadra messa in campo dalla Regione Lombardia e coordinata dal medico Rinaldo Zanini.

«In particolare - spiega la Lorenzin - bisogna ricostruire i vari passaggi che la donna ha fatto tra un ospedale e l'altro, nelle ultime ore della sua vita. Sicuramente è stata assistita dai migliori ospedali d'Italia. Quindi siamo di fronte ad una situazione particolare. E non ci possiamo pronunciare prima di aver avuto un riscontro».

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