Molli e un po' timidi Miha, servi in campo

Alla squadra manca un po' di spirito combattivo L'allenatore è perfetto. E batte certe punizioni...

Daniele Abbiati A fine agosto, su queste colonne, facendo di necessità virtù tessemmo l'elogio (parola grossa) del Milan operaio. Consegnati nell'estate 2012 al monte dei pegni gli ultimi due quarti di nobiltà rimastici, Ibra e Thiago Silva, da tre anni e mezzo solari il nostro censo, senza Cension, come la chiamano nei bar della Bovisa, non impressiona più nessuno, Carpi e Alessandria incluse. È vero: i parenti acquisiti nerazzurri hanno anch'essi poco da scialare, oltre ai punti regalati (in questo sembriamo quasi fratelli...), però nel calcio il mal comune è sempre più «male» che «comune», e deprime il mezzo gaudio. Tuttavia ci siamo, fra poche ore sarà derby, un impegno che, possiamo dirlo a palla ferma, non verrà onorato come si dovrebbe, causa la mancanza di materia prima. In questi momenti di attesa si gioca sulla psicologia e sulla tonicità dei muscoli, più che sulle soluzioni tecnico-tattiche. In settimana, la brutta figura fatta con i Grigi ci è comunque valsa mezza finale di Coppa Italia, mentre i cugini, assistendo pressoché inermi all'allenamento dei bianconeri, si sono risparmiati la vacanza a Roma in maggio. Quanto al Campionato, il nostro ritardo di otto punti non è, per il momento, disastroso. Certo, servirebbe un colpo di reni collettivo, come quelli del prode Gigetto Donnarumma, per dare un senso alla stagione e tornare, pur se passando dalla porta di servizio, in Europa.Io un'idea l'avrei. Visto che fra le molte cose che ci mancano al primo posto resta la solidità difensiva, fatta di spirito combattivo, quella che gli argentini chiamano garra, insieme al tempismo e alla presenza fisica arricchita dalla necessaria rudezza, in campo metterei... l'allenatore. In fondo, Mihajlovic sta continuando a fare ciò che faceva da giocatore: marca a uomo Galliani per strappargli qualche pedina utile, marca a zona i giornalisti ricorrendo anche a gomitate dialettiche, marca sul suo personalissimo cartellino gli strafalcioni dei suoi ragazzi. E poi, vedendolo tempestare di sassate dal limite dell'area il suddetto Gigetto in allenamento, o le bottigliette d'acqua a bordo campo, si capisce che il suo sinistro, a 46 anni, è ancora quello di una volta. Quanto alla garra, non so come si dica in serbo, però sicuramente non gli manca. Lo vedrei bene di fianco al timido Romagnoli o al compassato Montolivo: Alex e Bertolacci non si offenderebbero. Si dice sempre che dal campo alla panchina il passo è spesso troppo lungo per la gamba. Bene, proviamo a fare l'inverso. Magari funziona.

E poi, metti caso che al novantesimo si è sullo zero a zero e c'è una punizione per noi da venti metri. Credete che Bonaventura, Niang e Balotelli oserebbero metter giù il pallone con il piglio di chi dice «ci penso io»? No, la batterebbe Sinisa, quella punizione. E poi correrebbe in tribuna ad abbracciare il Berlusca.

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