Crescono ancora i ricoveri, pur se lentamente, e la Lombardia si attrezza per sostenere uno sforzo che, nelle prossime settimane, si preannuncia sempre più impegnativo. Lo fa aumentando i posti di terapia intensiva attivi nei suoi ospedali.
Il quadro, in questo periodo, è quello di un progressivo, lento, ma apparentemente inesorabile peggioramento della situazione epidemiologica - e di riflesso ospedaliera - che fa temere un passaggio in zona gialla, con relative restrizioni.
Tre sono i parametri decisivi in tema di «colori». I primi due sono relativi alla situazione sanitaria-ospedaliera, il terzo riguarda la diffusione dei contagi. In fatto di contagi, il parametro che si prende in considerazione è l'incidenza dei casi ogni 100 mila abitanti, e in questo la Lombardia ha già superato abbondantemente il valore fissato dal governo, ovvero 50 casi su 100mila.
Gli altri due parametri, invece, riguardano l'occupazione dei posti letto - rispettivamente nelle terapie intensive e nei reparti ordinari - e al momento sono più rassicuranti. Qui il giallo scatta al 10 e al 15% di occupazione dei posti letto. La Lombardia ha una disponibilità massima di 1.500 posti in rianimazione e in questi giorni conta circa 60 posti occupati Covid (61 ieri). Oggi i posti letto occupati in terapia intensiva, dunque, si attestano intorno al 4%. Per quanto riguarda gli altri reparti, l'area medica, il «potenziale» lombardo è di 6mila posti e l'occupazione reale, adesso, è intorno al 10%, quindi ancora cinque punti sotto quel 15 fissato dalle norme governative per il passaggio al giallo.
Complessivamente, grazie alle vaccinazioni i numeri sono ancora molto lontani da quelli del 2020. In ogni caso, per rispondere all'aumento dei casi, la Regione ha disposto l'incremento dei posti. E ha dato disposizione di aumentare il i posti pronti nelle rianimazioni, portando a 80 i posti letto attivi nelle terapie intensive nei suoi ospedali.
Ulteriore numero da tenere presente, su questo fronte, è 150. Perché secondo il piano sulle terapie intensive che è stato stilato in Regione, e poi approvato dal governo, a giugno dello scorso anno, proprio a 150 è fissato il primo livello di «allerta». Sotto quel numero, tutto si considera ancora pressoché «normale», mentre oltre 150 il piano prevede che si redistribuiscano i Covid negli hub di riferimento i percorsi Covid, per tenere «liberi» gli altri, consentendo così di proseguire nella attività ordinaria «non Covid» (ambulatori, specialistica ecc).
A questo «ritmo», si arriverà piuttosto lentamente alla soglia fatidica, c'è ancora un ampio margine insomma, ma se e quando dovessimo arrivarci, sarà a quel punto che potrebbe riaprire l'ospedale in Fiera, adesso in «stand-by». Dopo tutte le critiche faziose e preconcette, la Fiera si dimostra ancora una volta un'infrastruttura di fondamentale importanza.
E a tal proposito non sarà sfuggito che a Palazzo Marino, istituzione in mano al centrosinistra, sia stato premiato con l'Ambrogino d'oro il presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, che ha voluto e difeso l'ospedale insieme alla Regione.
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