Colpi sicuri e ben programmati. Messi a segno con metodi velocissimi e modi sbrigativi. Ad esempio pedinando la vittima per poi puntarle in faccia una pistola all'improvviso, tanto per far capire subito che non si è in cerca di qualcuno con cui fare due chiacchiere. L'esatta fotocopia di quanto accaduto il 22 settembre quando due uomini (entrambi italiani e pregiudicati, di 38 e 43 anni) hanno pedinato un inglese uscito da un supermercato di via Vincenzo Monti dopo aver adocchiato l'orologio che portava al polso, un Rolex Oyster Perpetual da 15mila euro. Una volta giunti nella non lontana via Tamburini i due mettono a segno il colpo, per poi salire a bordo di uno scooter e fuggire.
Iniziano le indagini. La squadra investigativa del commissariato Centro, grazie alle sequenze immortalate dalle telecamere, risale alla targa dello scooter che risulta essere stato rubato, quindi all'identità del 43enne, anche sulla base della descrizione fornita dalla vittima. Grossi tatuaggi a vista, per certi versi indimenticabili o comunque fortemente identificativi, quindi indumenti «feticci» indossati sempre durante i colpi (e apparsi anche addosso al responsabile nelle foto postate sui social), il malvivente alla fine degli accertamenti di rito risulterà una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine, scarcerato solo a giugno dopo un lungo periodo di detenzione.
Il 28 settembre i poliziotti, che seguono i movimenti dello scooter individuato in zona Niguarda, notano i due complici diretti verso il centro, quasi sicuramente in cerca di nuove, potenziali vittime, questo la polizia se lo aspetta. E prima che accada gli investigatori della sezione «Falchi» della squadra mobile - che si occupano del crimine diffuso e girano in sella a grosse moto - allertati, fermano lo scooter in via Santa Sofia. I due rapinatori sbuffano, si dimenano, imprecano, vorrebbero evitare i controlli, ma poco possono quando, perquisiti, spunta una pistola semiautomatica Browning non censita. Che, insieme ai tatuaggi e agli indumenti sequestrati nelle loro abitazioni, finiscono per chiudere il cerchio.
Successivamente anche l'inglese aggredito e rapinato in via Tamburini, una volta convocato negli uffici di piazza San Sepolcro del commissariato Centro, riconosce senza indugi i complici fermati come i due che lo avevano rapinato qualche giorno prima.
Non bastassero gli elementi «regalati» agli
investigatori, ci sono anche le analisi dei tabulati, delle telecamere di zona e degli accessi in Area C a confermare i contatti tra gli arrestati e la loro presenza sul luogo delle rapine. Insomma: per inchiodarli può bastare.
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