Quegli sguardi sulla Natura che raccontarono il '900

A Verbania una bella mostra mette in luce il rapporto tra arte e territorio: "Così cambiava l'idea del mondo"

Quegli sguardi sulla Natura che raccontarono il '900

La pittura di paesaggio va ben oltre la rappresentazione figurativa di un ambiente geografico. A seconda di come l'uomo si rapporta col mondo esterno e di come la società reagisce all'accadere degli eventi si possono notare delle chiare tendenze negli artisti e nel loro modo di raffigurare la Natura. Questa la teoria di Elena Pontiggia, storica dell'arte e docente all'Accademia di Brera nonché curatrice della mostra Armonie Verdi. Paesaggi dalla Scapigliatura al Novecento, che ha inaugurato a Verbania in Palazzo Viani Dugnani, dal 1914 sede del Museo del Paesaggio. La mostra dà il via alla stagione primaverile del Museo, con oltre cinquanta opere di poco più di una trentina di artisti provenienti dalle Raccolte d'arte della Fondazione Cariplo e della collezione del Museo del Paesaggio di Verbania. «Gli artisti in mostra provengono da varie parti d'Italia dice Pontiggia - e sono accumunati da una preparazione accademica, ciascuno dipinge luoghi diversi della Penisola: viaggiavano, si spostavano molto». Se la frequentazione di Brera a Milano ha riguardato molti degli artisti esposti, la mostra vola sui territori e oltre: dal Lago Maggiore a Zoagli, da Montisola fino alle Alpi, la Svizzera, la Brianza, la campagna toscana, la Val Seriana e il Lago d'Orta. Percorrendo le sale del museo, pur nella diversità dei luoghi dipinti, pian piano la teoria della Pontiggia sulla pittura di paesaggio come riflesso di un determinata Weltanschauung (idea del mondo), appare chiara. Si distingue, infatti, una differenza d'intenti tra gli artisti tra prima e dopo la Guerra del '15-18: nel primo decennio del '900 boschi, paesaggi fluviali come marittimi e di montagna appaiono di una bellezza incontrollabile, che sa stupire anche per la forza, espressa o potenziale, della Natura. «Dopo la guerra le cose cambiano spiega la curatrice-: da un lato abbiamo le Avanguardie, che in genere disprezzano il tema della natura nell'arte. Dall'altro ci sono dei pittori che dipingono paesaggi, ma li vogliono sintetici, costruiti, immobili: cercano, e ricreano, nella Natura, la tranquillità, la solidità e la ricostruzione dopo tutto ciò che la Guerra aveva distrutto». Ambienti quasi irreali, che rappresentano un clima di sospensione, di pace artefatta. Ecco le Armonie Verdi di Piero Fragiacomo (Piano d'Istria 1856-Venezia 1922), opera del 1920 che dà il titolo alla mostra e riporta alla calma della laguna veneta nei pressi del Delta del Po, dove l'acqua scorre tra i pioppi.

L'acqua, di un blu scuro e intenso, di Mario Sironi ne Il lago (1926), che interessa all'artista per la solidità del volume, «è il frammento di un mondo senza tempo, non esiste in natura un'acqua come questa». Si arriva fino agli anni Cinquanta, con opere di Ardengo Soffici, Renato Vernizzi e pochi altri, che sono «retaggio ancora simbolista, ma molto delicato», come di sollievo per la fine della Seconda Guerra Mondiale.

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