Come puntualmente previsto, all’approssimarsi delle delibere per il bilancio 2012 del Comune di Milano, cominciano a fioccare le sorprese. Le più clamorose non sono però quelle legate alla (prevedibile) raffica di nuove tasse che si abbatteranno sui milanesi, bensì dalla vendita degli aeroporti di Milano, che, a quanto pare, verranno di nuovo messi sul mercato perfino facendo scendere la quota del Comune sotto il 51%. A questo punto qualcosa non torna. Per nulla. Va bene che le spese sono tante, va bene che per coprirle si possono fare delle scelte (come ad esempio ridurle) ma ci vuole del tempo, va benissimo che se ci sono emergenze contabili qualcosa bisogna vendere e figurarsi se siamo contrari alle privatizzazioni. Quello che non va bene sono i modi con cui si fanno le cose, perché se con la scusa dell’emergenza si regalano (tantissimi) soldi di tutti, allora no, le cose non vanno più bene. Il valore di una quota societaria è molto diverso se rappresenta il controllo della società o meno. Se acquisto il 25% di una società posso solo sperare che quella società vada bene per ottenere la mia quota di utili, esattamente come chi ne possiede solo l’1%. Se invece ne possiedo il 51% allora quella società diventa «mia» e posso gestirla come meglio mi aggrada. Esattamente la stessa differenza di sapere solo alcuni numeri della combinazione della cassaforte e conoscerli tutti. Pertanto nelle cessioni di quote o si cede una quota di minoranza, incassando di meno ma mantenendo il controllo, o si cede tutta la partecipazione massimizzando il profitto, perché cedendo il controllo si incassa il famoso «premio di maggioranza». L’unica cosa assurda che nessun proprietario di società farebbe mai è cedere il 25% e poi, subito dopo, un altro 25%, incassando per due volte una cifra ridotta e regalando di fatto al primo acquirente il premio di maggioranza. Dato che non vogliamo pensare che si voglia fare un regalo di questo tipo a Gamberale e al fondo F2i delle banche (già ben contente della «transazione» con il Comune per i derivati che in realtà significa ancora più commissioni per loro) che ha acquistato il primo 25% di Sea, è probabile che ci sia stato un difetto di comunicazione e attendiamo chiarimenti. Non era un secolo fa, ma solo meno di un anno fa, ad aprile, quando lo stesso Pisapia che ora è sindaco plaudiva alla delibera del Comune votata sia dal centrodestra sia dal PD che, in modo trasparente, approvava la quotazione in Borsa della quota di minoranza degli aeroporti di Milano dicendo che «la scelta è condivisibile anche perché accompagnata dalla garanzia per il pubblico di mantenere il 51%». Non erano secoli fa, ma l’estate scorsa, quando Tabacci accusava l’amministrazione precedente di «aver fatto quadrare i conti intaccando il patrimonio pubblico» e che «se le famiglie nobili milanesi avessero fatto così, vendendo i gioielli, sarebbero finite alla Baggina». E come mai allora adesso che a gestire la cassa dei gioielli c’è lui il problema della Baggina non si pone più? La valutazione di Sea potrebbe essere molto elevata. Gli Aeroporti di Roma hanno ricavi paragonabili e, pur con una quotazione ai minimi storici in borsa, valgono quasi un miliardo di euro e hanno ben oltre un miliardo di debiti in più rispetto a Sea. Con una gara trasparente gli acquirenti per la maggioranza non mancherebbero di certo, quindi il Comune ha davanti a se solo una strada «senza sospetti»: se vuole scendere sotto il 51% deve vendere l’intera sua quota, mettendola all’asta in tutto il mondo per il tempo necessario. Se l’acquirente sarà diverso da F2i ce ne faremo una ragione.
Ci sono due modi principali per dissipare il denaro pubblico: far strapagare con i soldi dei cittadini le cose dei compari (e con Serravalle abbiamo già dato) o svendere le cose dei cittadini per quattro soldi. Visti i precedenti della Provincia, il Comune non dovrebbe nemmeno avvicinarsi al sospetto di rientrare in questi schemi.Twitter: @borghi_claudio
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