"Il nostro è stato un grido di disperazione espresso nel pieno rispetto del distanziamento sociale e del diritto costituzionale di manifestare. Una protesta pacifica per la quale i miei colleghi di Milano sono stati multati di 400 euro. Assurdo”. Paolo Bianchini, co-fondatore del Movimento Imprese Ospitalità (Mio) esprime così la sua solidarietà ai ristoratori di Milano che ieri sono stati sanzionati dopo organizzato un flash mob all’Arco della Pace.
M.I.O., gli operatori del turismo si mobilitano
Bianchini, proprietario dell’Osteria del vecchio orologio di Viterbo dal 2005, che, nel giro di poco più di un mese, ha co-fondato M.I.O., un movimento “assolutamente non di natura politica” che ha riunito 200mila tra albergatori e ristoratori che non si sono sentiti rappresentati dalle associazioni di categoria già esistenti. “Noi ci siamo resi conto che l’unico modo per salvare le nostre aziende è restare chiusi”, chiarisce fornendoci così immediatamente la natura degli hashtag #iononapro #iononpago. “Se noi apriamo, falliamo”, dice Bianchini senza usare mezzi termini. Le rigide norme di distanziamento sociale rischiano di portare a una riduzione del 70% dei coperti e la mancanza di un protocollo che tarda ad arrivare non fa altro che aggravare una situazione decisamente allarmante. “Il mio è un locale al centro di Viterbo con cento coperti e nono ho alcuna possibilità di mettere dei tavoli all’aperto. È chiaro che, stando così le cose, non ci rientro con i costi anche perché con l’asporto se vendo dieci pizze a sera è grasso che cola”, sottolinea Bianchini. “Per fare delivery, poi, devi avere almeno 40-50 altrimenti non ce la fai perché l’Iva da asporto è al 22%, mentre al tavolo è al 10%”, conclude il co-fondatore di Mio.
La protesta dell'Arco della Pace e le minacce della questura di Milano
E, come lui, ci sono tanti altri ristoratori in difficoltà, soprattutto a Milano dove il clima era teso già da tempo. Valerio Tremiterra, titolare di due pizzerie napoletane e di un altro locale nel centro del capoluogo lombardo, ci rivela che, il giorno precedente al flash mob, un dirigente della Questura gli ha detto: “Noi non vi facciamo nemmeno avvicinare a 50 metri dal Duomo”. A quel punto l’imprenditore di origini napoletane ha ribattuto: “Perché il Duomo è di sua proprietà?” e ancora: “L’articolo 21 difende la libertà di manifestare e lei non mi può fermare”. Davanti a tali parole, il dirigente della questura ha replicato: “Vedremo”. Un antipasto di quel che è avvenuto ieri. Che, poi, si è trattato di una protesta estremamente pacifica, nello stesso stile di quella che si è tenuta in Germania recentemente con le sedie in piazza distanziate l’una dall’altra di un metro e più. Una manifestazione portata avanti per far capire che “anche se il governo ha bloccato i licenziamenti, saremmo costretti a licenziare il 50% dei dipendenti perché Milano subirà un calo netto del turismo”, spiega Tremiterra. A generare il panico vi è, poi, la mancanza di indicazioni chiare dal governo: “Circola voce - aggiunge l’imprenditore napoletano che saremo obbligati a mettere il plexiglass e che il distanziamento sociale dentro il ristorante sarà di minimo un metro. E, addirittura, non potremmo usare l’aria condizionata. Tutte ipotesi non confermate che fanno paura e ci aspettiamo di tutto”. Il rischio è che questi locali, una volta falliti, possano finire nelle mani di fondi d’investimento “che stanno entrando a gamba tesa nell’economia di Milano e non si sa chi ci sia dietro”, dice Tremiterra.
"Col plexiglass non riapriamo più"
Salvatore Maresca, titolare di 3 pizzerie MuuMuurezzella a Napoli e 2 a Milano, spiega: “Il settore della ristorazione e della movida è sempre stato ambito dalla criminalità perché c’è un flusso di cassa diretto e, in un momento come questo, lo Stato deve essere vicino a chi come me è sempre stato dalla parte della legalità”. Al momento il signor Maresca ha già ricevuto la messa in mora per non aver pagato l’affitto di marzo-aprile per 3 dei suoi 5 locali. Ma non solo. Ad oggi, dalle banche non è arrivato ancora nemmeno un euro. “Una banca mi ha detto che non ha aderito alla convenzione dei 25mila euro, un’altra che la mia pratica è in valutazione e l’ultimo istituto di credito mi ha detto che deve fare valutazioni aggiuntive”. E aggiunge: “Io stesso non ho ancora ricevuto nemmeno le famose 600 euro”. Il problema riguarda sempre le prospettive future. “A Napoli, bene o male, noi lavoriamo anche con i concittadini, mentre a Milano, se togli i turisti e i fuorisede, non sapremo quando si ripartirà”, sentenzia Maresca che conclude: “Aprire il primo giugno è fallimento sicuro e io, col plexiglass, di sicuro non apro proprio più”.
"Lo Stato ci aiuti abbassando le tasse"
“Se a me entro il 10 maggio non mi arriva il protocollo, io non apro”, gli fa eco Roberta Pepi, vicepresidente dell’associazione Roma più bella e proprietaria del ristorante ‘Da Robertino’, nato più di 30 anni fa nel caratteristico quartiere Monti di Roma. “Nel 2020 il bilancio, per noi, si concluderà il 30 giugno perché le grandi città d’arte campano degli introiti che arrivano da marzo a giugno”, aggiunge Pepi, convinta del fatto che un’apertura a luglio sia troppo tardiva. “Lo Stato ci ha lasciati soli”, dice la ristoratrice romana che chiede al governo ulteriori interventi in favore del mondo del turismo. “Noi ci aspettavamo che arrivasse il blocco della tassa dell’Imu e senza una legge in favore dei locatori, c’è un problema reale. Molti di noi rischiano di perdere il locale perché, se è vero che ora gli sfratti non sono esecutivi, la procedura va avanti anche se i tribunali sono chiusi”, spiega ancora Pepi. Il governo, da questo punto di vista, col primo Dpcm ha previsto finora solo il credito d’imposta al 60% per gli affittuari anziché per i locatori. Ed è importante che lo Stato intervenga perché c’è il rischio che “con l’esecuzione degli sfratti, le mafie si impossessino dei nostri locali per fare i loro affari sporchi”, sottolinea Pepi. Al momento, l’unica soluzione per i ristoratori è non aprire e non pagare le imposte “a meno che il governo non faccia provvedimenti di detassazione e decontribuzione delle 13esime e delle 14esime e non dia fondi ai Comuni per abbassare le tasse locali ed evitare che vadano in default”.
"La stagione turistica ormai è finita"
Gli addetti al settore turistico, infatti, sono tutti concordi nel sostenere che i 5mila euro a fondo perduto promessi dal governo siano un’elemosina. Un albergatore di Oristano, infatti, ci spiega che, per lui, la stagione turistica è già finita dal momento che ha già ricevuto molte disdette di prenotazioni che avevamo chiuso già da febbraio. Con la crisi imminente che sta per arrivare “non mi conviene riaprire visto e considerato che i pochi che si potranno permettere una vacanza andranno in B and B molto più economici del mio”. L’unico provvedimento arrivato dal governo è stata la sospensione dei mutui per sei mesi.
Mutui che “poi dovrò pagare con gli interessi e i 5mila euro che arriveranno non mi basteranno neppure a coprire tale spesa”, dice l’albergatore sardo secondo cui l’unica soluzione per andare avanti sarebbe se il governo stanziasse un fondo perduto pari al 10% di quanto fatturato l’anno precedente “così da premiare chi veramente paga le tasse”. Chissà se il grido d’aiuto lanciato da M.I.O. arriverà fino alle stanze di Palazzo Chigi e della task force di Vittorio Colao.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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