Sala vuol prendere Ema? Deve copiare la Moratti

Dopo che avrà lasciato Londra quale città ospiterà l'Agenzia europea del farmaco? Milano spera nel colpaccio, ma ben altro fu l'impegno dell'allora sindaco Letizia Moratti per portare quell'Expo che rilanciò la città

Sala vuol prendere Ema? Deve copiare la Moratti

Tutti ci auguriamo che, lasciando Londra dopo la Brexit, l'Ema, l'Agenzia europea per il farmaco si trasferisca a Milano che consideriamo sua sede naturale. Se avverrà, e francamente abbiamo qualche buon motivo per sperarlo, in molti potranno andare fieri del lavoro fatto, un ottimo lavoro di squadra che per una volta senza divisioni politiche e corporative ha visto impegnati politici e imprenditori, amministratori e comunicatori. Fra questi molti però non c'è il sindaco Sala, colui che, in relazione al suo peso politico e istituzionale, si è speso di meno nella promozione di Milano sede dell'Ema. Tutti abbiamo visto molto più impegnato il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi o quello di Confcommercio Carluccio Sangalli per non dire degli imprenditori farmaceutici a cominciare da Diana Bracco. E Sala? Pochi incontri, pochi viaggi, qualche gita last minute e scarso impegno strutturale. Per intenderci: il presidente della Regione Roberto Maroni ha subito messo a disposizione il Pirellone, capolavoro di Giò Ponti citato su tutti i manuali di architettura, funzionale e in una posizione ottima; offerta per di più a generosissime condizioni economiche. Cosa ha fatto di paragonabile Sala? Per quanto riguarda poi l'impegno personale, mi sembra che in questo consista la defezione più grave: ad esempio per promuovere Milano nelle repubbliche baltiche Sala non si è scomodato personalmente, ma ha mandato il suo capo di gabinetto, un funzionario a trattare con capi di governi, ministri, sindaci, assessori, presidenti delle associazioni industriali. Una scelta che qualcuno potrebbe considerare anche indelicata e imbarazzante, come se quei Paesi contassero poco e invece i loro tre voti dei 28 sono importanti quanto quelli dei grandi paesi dell'Ue, Francia e Germania, Spagna e Regno Unito.

Inevitabile e impietoso il paragone con l'enorme impegno personale profuso da Letizia Morati per ottenere l'Expo: spedizioni di settimane ai quattro angoli del pianeta, dall'Africa ai Caraibi, dagli arcipelaghi del Pacifico all'Asia. A Sala non si chiedeva tanto, l'Europa è molto meno impegnativa, ogni paese della Ue è raggiungibile da Milano in un paio d'ore, a maggior ragione valeva la pena di impegnarsi più, di farsi vedere in giro dal Portogallo all'Estonia, insomma di metterci la faccia. E pensare che Sala, che con la Moratti ha collaborato a Palazzo Marino come direttore generale e che da lei è stato scelto come commissario Expo, sa benissimo quanto si sia impegnata per ottenere l'ambitissimo risultato poi ottenuto. Gli bastava prenderla a modello, certo facendo le debite proporzioni.

D'altra parte è molto tempo che prima la giunta Pisapia poi quella di Sala, si attribuiscono i meriti del lavoro svolto delle amministrazioni precedenti. Ormai tutti gli osservatori concordano nel considerare Expo, voluto e realizzato dalla Moratti, l'evento che ha rilanciato l'immagine e il prestigio di Milano nel mondo. Così come il grande risveglio urbanistico della città che ora tanto piace perfino agli intellettuali cosiddetti progressisti - è dovuto alle scelte fatte più di 10 anni fa dalla giunta Albertini e sempre contrastate dalla sinistra.

Ecco, non vorremmo che ancora una volta la storia si ripetesse, che una giunta di sinistra si arrogasse il merito dei risultati del lavoro altrui. Che a Ema ottenuta, insomma, Sala menasse vanto di una prestigiosa ed economicamente importantissima vittoria non sua.

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