È stata una manifestazione «dal connotato fascista». Ma non «pericolosa», cioè non tale da «raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del disciolto partito fascista». Per questo il pm Piero Basilone, in accordo con il responsabile del pool antiterrorismo e antieversione Alberto Nobili, ha chiesto l’archiviazione per dieci militanti di estrema destra indagati per il raduno del 29 aprile scorso al Campo X del cimitero Maggiore. In quell’occasione un migliaio di appartenenti a Lealtà e azione e Casa Pound tra cui il leader Gianluca Iannone, avevano commemorato i caduti della Repubblica di Salò. Dopo che il prefetto, sentito anche il sindaco, non aveva autorizzato la consueta manifestazione del 25 Aprile.
Gli indagati identificati grazie alle indagini della Digos sono accusati di manifestazione fascista e manifestazione non autorizzata. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quel giorno i militanti hanno sfilato lungo il viale del Musocco, ma a differenza delle analoghe iniziative degli anni scorsi, non hanno esibito vessilli o altri simboli del Ventennio. Hanno portato una corona d'alloro e una volta schierati al Campo X hanno osservato un minuto di silenzio, hanno fatto la chiamata del «presente» e il saluto romano. Agli atti è finito un comunicato-rivendicazione che spiegava le ragioni del raduno. Organizzato per commemorare l'uccisione per mano dei partigiani di Carlo Borsani (29 aprile 1945), «l'ignobile massacro di Piazzale Loreto» e «gli efferati assassinii degli anni '70 da parte dell'antifascismo militante». Il riferimento è agli omicidi di Sergio Ramelli, il 29 aprile 1975, e di Enrico Pedenovi, esattamente un anno dopo.
Non c'è dubbio, per il pm, che si sia trattato di una manifestazione fascista con gesti evocativi. «Tuttavia - argomenta - oggetto dell'incriminazione non è la manifestazione esteriore in sé, bensì la sua realizzazione in condizioni di pubblicità tali da integrare il pericolo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del disciolto partito fascista. La condotta punibile deve presentarsi come seria e idonea ad attrarre consensi verso la riproposizione di un'esperienza associativa o movimentista di stampo fascista». E in questo caso non sarebbe stato così. La Procura sottolinea il carattere raccolto dell'iniziativa e non plateale o capace di influenzare persone esterne al movimento (come prevederebbe l'articolo 5 della Legge Scelba). «Si è trattato di una manifestazione svoltasi all'interno di un cimitero, di breve durata (in tutto, all'incirca mezz'ora), alla quale hanno partecipato numerose persone evidentemente accomunate dalla medesima affinità ideologica, in un contesto che deve ritenersi inidoneo a generare il pericolo di suggestione dei presenti». I manifestanti si sarebbero riuniti solo dentro il cimitero e sciolti prima di uscire. Con «finalità meramente commemorativa» e senza alcun «turbamento dell'ordine e della sicurezza pubblica». Per quanto riguarda invece l'accusa di manifestazione non autorizzata (articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), non sono emerse prove che dimostrino che gli indagati abbiano promosso, pianificato o diretto in qualche modo il blitz.
La decisione della Procura sembra voler gettare «acqua sul fuoco» in un terreno da sempre molto caldo, come dimostra anche la reazione molto critica dell'Anpi. Si tratta comunque di un corso nuovo rispetto al passato.
È anche vero che lo scorso aprile non c'è stata ostentazione dei contenuti fascisti da parte dei militanti, ben consapevoli dei paletti legislativi. Se il cambio di rotta sarà completo lo si vedrà dalla pronuncia del gip.
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