Trasformato da un giorno all'altro da rispettabile imprenditore brianzolo a truffatore di bassa lega. Capita - si dirà - a chi incappa in guai giudiziari. Ma la storia di Marco Castoldi, 59 anni, al di là della sua colpevolezza o meno ancora da stabilire, è l'emblema del meccanismo perverso che a volte incrocia realtà e rappresentazione mediatica.
Tutti a Monza sanno chi è Marco Castoldi. È il titolare della Castoldi srl, azienda con oltre 60 anni di storia fondata dal padre, leader nella distribuzione di elettrodomestici, articoli elettronici e informatici. I suoi negozi fanno parte del network Euronics. Gli affari sono sempre andati bene, finché il presidente del Cda è finito in un'inchiesta della Guardia di finanza di Como su una rete di frodi fiscali. Ora la ditta ha chiesto e ottenuto dal Tribunale il concordato preventivo, perché banche e assicurazioni hanno chiuso i rubinetti mettendola in grave difficoltà. Il motivo? Non ciò che è scritto negli atti d'indagine né tanto meno una condanna. Bensì le «notizie di stampa». Per i creditori insomma, Castoldi è un truffatore, la sua società merita di andare a gambe all'aria e i 150 dipendenti a casa sulla base degli articoli di giornale che hanno dato conto, nel settembre scorso, degli arresti e dell'inchiesta. Anche se due settimane dopo i provvedimenti cautelari, i domiciliari a carico di Castoldi sono stati revocati.
Un passo indietro. A metà settembre scatta la retata con un centinaio di finanzieri, dopo l'indagine coordinata dalla Procura di Como. Gli indagati sono 39, gli arrestati 17. Tra loro, appunto, anche Castoldi e un consigliere dell'azienda. L'accusa è che abbiano partecipato a una associazione per delinquere finalizzata a una serie di reati fiscali e tributari. Le ipotesi degli inquirenti riguardano l'organizzazione a livello internazionale di cosiddette «frodi carosello» per totali 300 milioni di euro. Si tratta in sostanza di operazioni di compravendita fittizie, con relative false fatture emesse da società create ad hoc (le «cartiere»), finalizzate a ottenere crediti Iva non dovuti. Castoldi avrebbe «consapevolmente» partecipato al traffico di merci, definite «scadenti», mettendo a disposizione la propria società come anello della catena fraudolenta. E guadagnandoci circa 3 milioni di euro di illeciti crediti Iva. «Accuse cervellotiche - dice il suo difensore, l'avvocato Ivano Chiesa -. Il mio assistito non ha nulla a che vedere con tutti gli altri indagati e non aveva idea di cosa facessero. Ha semplicemente comprato e venduto merce, come ha sempre fatto. Comunque si è dimesso dalle cariche societarie e ha fornito a garanzia 6 milioni di immobili personali, il doppio di quanto contestato». A ottobre il Tribunale del riesame di Milano ha revocato i domiciliari a Castoldi, ritenendo che non sussistano gli indizi del reato associativo. Il processo farà il proprio corso, l'udienza preliminare è fissata per il 20 febbraio davanti al gup Laura De Gregorio.
Intanto però l'azienda comunica l'apertura del concordato preventivo che ha lo scopo di tutelare i dipendenti e i fornitori e di provare ad assicurarsi un futuro. La Castoldi, si legge in una nota, «negli ultimi anni non ha riscontrato criticità dal punto di vista economico, patrimoniale o finanziario, come dimostrano i suoi bilanci. A partire dal mese di ottobre 2017, la società si è trovata nell'impossibilità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni a causa dell'irrigidimento del sistema bancario e dell'azzeramento dei fidi da parte delle società di assicurazione del credito dei fornitori, determinati dalla propagazione della notizia dell'indagine». Da qui le difficoltà ad approvvigionarsi, proprio nel periodo a ridosso del Natale, il migliore per gli affari.
Nei primi nove mesi del 2017, «la società aveva registrato un fatturato di oltre 66 milioni di euro con un risultato economico positivo. Nel 2016 il fatturato era stato pari a oltre 86 milioni di euro, con un utile di circa 400mila euro».
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