Cosa combina Beppe Sala? Che senso hanno le sbandate a sinistra, sempre più a sinistra del sindaco di Milano? E pensare che durante la sua campagna elettorale ha dovuto difendersi dall'accusa infamante di essere uomo di destra, in quanto ex direttore generale del Comune di Milano con Letizia Moratti sindaco e poi dalla stessa Moratti scelto come amministratore unico di Expo. Tutto cambiato: dopo una lunga e tenera amicizia con Matteo Renzi, cominciata ai tempi di Expo, Sala ha dato l'impressione di una giravolta maramaldesca, abbandonando l'ex presidente del Consiglio nel momento di sua maggior debolezza, dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre scorso. Dimenticando che per Milano e i suoi molti e ambiziosi progetti, Renzi ha sempre dichiarato grande attenzione.
Infine, ciliegina amara su una torta rancida, quando c'era da schierarsi per le primarie del Pd, Sala ha finto che la cosa non lo riguardasse. Inevitabilmente ricambiato da Renzi con altrettanta freddezza. Potrà dunque il renziano governo Gentiloni ignorare l'ostilità del vendicativo segretario del Pd quando si tratterà di discutere le richieste milanesi dei prossimi mesi? Poi arriva l'entusiastica adesione alla «grande marcia per l'accoglienza» del 20 maggio, «Milano come Barcellona», voluta dall'intraprendente assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino, estrema ala sinistra dalla giunta. L'entusiasmo con conseguente tiritera ideologica di Sala per questa manifestazione (con o senza fascia tricolore, a giorni alterni) sopravanza quello dello stesso promotore Majorino. Manifestazione della quale, tra l'altro, non si capisce il senso e il destinatario, giacché Milano continua ad accogliere tutti quelli che il governo le manda, ben oltre le sue realistiche possibilità.
Se Sala pretende che Roma gli mandi più immigrati non deve far altro che chiederlo. Però se a reagire al degrado in cui l'iperbuonismo della giunta ha precipitato la Stazione Centrale è il questore Marcello Cardona con un'operazione di ordine pubblico secondo i suoi compiti e doveri d'istituto allora Sala fa l'offeso perché non sarebbe stato avvertito per tempo. E scavalcando ancora una volta a sinistra Majorino che con linguaggio tardo sessantottino ha parlato addirittura di «parata poliziesca» ha contestato perfino l'efficacia e la legittimità di quella operazione: per lui bisognava lasciare qualche centinaio di immigrati bivaccare in piazza Duca d'Aosta anche dopo l'aggressione ai soldati e la mezza rivolta dei giorni precedenti. In questo modo ancora una volta il sindaco si è scontrato, seppure indirettamente, col governo, giacché è evidente che l'iniziativa non può essere stata solo e tutta del questore, senza consultazione col prefetto Luciana Lamorgese e quindi, di fatto, col ministero degli Interni, come ha rivelato anche l'ostilità con cui nei giorni scorsi Sala ha accolto il ministro Marco Minniti.
Il linguaggio, com'è noto, è rivelatore di stati d'animo, progetti, intenzioni: come non notare, quindi, il recente abuso di termini politicamente correttissimi nelle esternazioni di Sala? «Accoglienza», «solidarietà», «integrazione»? È riuscito ad abusarne persino nel suo benvenuto a Obama, a Milano per sentir parlare di cibo e non di immigrazione. Come si spiega dunque questa deriva a sinistra di Sala 2.
0? Teme forse la concorrenza di Majorino che sempre più si comporta da sindaco o prepara con largo anticipo un progetto per il «dopo Palazzo Marino» sull'esempio del suo predecessore Giuliano Pisapia? Intanto è riuscito solo ad alienarsi le simpatie della maggioranza di governo. Cosa che per Milano non è mai un vantaggio.
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