La storia di un killer e di un popolo che ama l'Italia

Nel libro di Andrea Galli la vita del sicario più letale d'Europa. E sullo sfondo c'è l'Albania

La storia di un killer e di un popolo che ama l'Italia

Il passo del romanziere Andrea Galli lo ha senz'altro acquisito in questa sua ultima opera Il Sicario. Come si diventa un killer. Una storia vera (Rizzoli editore). È un mutamento forse non così atipico, di chi prima si era cimentato con opere più didascaliche, documentarie e forse più facilmente narrative e adesso affonda gli artigli nella cronaca con riferimenti concreti dopo aver «studiato» il personaggio (anche sul posto) e con un bagaglio del cronista che sa raccontare a modo suo, che è poi a tutti gli effetti quello che Galli fa ogni giorno al Corriere della Sera.

Il sicario esiste per davvero. È Julian Sinanaj, una quindicina di omicidi alle spalle e attualmente collaboratore di giustizia detenuto in Albania, ma con il quale l'autore non ha potuto parlare perché le autorità locali attendono che l'uomo faccia ulteriori e importanti rivelazioni sui crimini commessi. Il romanzo comincia con il suo arresto, un risultato che gli investigatori albanesi raggiungono anche indagando su colei che è diventata il punto debole del sicario, la fidanzata Dalida.

Julian, che chiaramente non si fida di nessuno e per questo ha trascorso una vita solitaria e totalmente anaffettiva, all'inizio crede che la giovane donna possa essere il suo corrispettivo femminile, un altro sicario e cerca così di fugare ogni dubbio in merito controllando tutto di lei. Quando pensa di poter stare tranquillo capisce però, al momento dell'arresto, di non aver considerato che si può usare qualcuno contro di noi anche senza che questi dia il suo benestare, indipendentemente dalla sua volontà. Forse una leggerezza che nel sicario tradisce un'umanità fatta a brandelli da un destino segnato dalla nascita.

«Un'infanzia di grande sofferenza quella di Julian, che comunque non giustifica e non legittima niente - spiega Galli -. Il mio pensiero va a questa grande nazione che è l'Albania, dove criminalità e corruzione raggiungono livelli infimi nel tessuto sociale e dove lavorare, per chi fa indagini, è una vera impresa. Ecco, ho conosciuto investigatori e magistrati stratosferici, con un rigore morale e una capacità professionale fuori dall'ordinario considerando che tenere la schiena diritta e arrivare alla fine di un'inchiesta a noi potrebbe sembrare una sfida impossibile». Sottolineando che questo è un libro «sull'Albania e non contro l'Albania», l'autore svela la sua ammirazione per un popolo fiero «che ancora vede l'Italia come una nazione di salvatori per fatti avvenuti 15 o 20 anni fa, come gli aiuti offerti per i terremoti del 1979 e del 1988». Forse un'ammirazione davvero sproporzionata, che non meritiamo.

Ma Julian è innanzitutto un uomo con un passato drammatico, e che, manovrato dalla sapienti mani di chi ha intuito il suo potenziale da sicario (la mafia georgiana) è stato programmato per uccidere.

Sullo sfondo della sua vicenda si alternano così una lunga serie di delitti che portano la firma di questo killer considerato «il più letale d'Europa» e risultano legati ai servizi segreti e ai terroristi. E quando anche lui finisce in cella, al suo posto, si sa, ne arriverà subito un altro. Che forse però non saprà mai che «non è vero che siamo tutti uguali, nemmeno davanti alla morte».

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