Massimiliano Salini, lei è e resta un esponente di Forza Italia.
«Sono un parlamentare europeo di Forza Italia, dentro il Ppe, continuo con l'attività che ha sempre caratterizzato il mio impegno. Anzi, quello è il cuore della decisione, convinta, di dare continuità al mio lavoro».
Intende che il lavoro concreto in Europa la induce a restare dove si trova?
«È evidente il fermento nell'area centrale della politica. Ecco quel variegato centro, considerato vicino alla sensibilità mia, come di FI, proprio sulle partite cruciali (le filiere dell'industria, l'automotive, l'agricoltura intensiva) in Europa sta proprio dove si fa il contrario dell'interesse del nostro Paese».
Dove conta, centro e sinistra sono uguali?
«La sinistra europea ha fatto i peggiori danni per il nostro Paese. Se guardiamo alla realtà, non alle parole, stanno tutti dove l'Italia è trattata a pesci in fascia. Anzi, pure nel Ppe ci sono state ambiguità, inclinazioni sinistreggianti verso un ambientalismo di maniera. Ma nella stragrande maggioranza dei casi io condivido sempre il lavoro coi Popolari e i Conservatori».
Ha più cose in comune con FdI che con Calenda?
«Calenda dice cose simili alle nostre, ma lo vedo sempre solo. Il suo gruppo va nella direzione opposta. Io non so cosa farmene dei discorsi. E il Paese ancor più di me. Qui, pur con fasi alterne di dialogo e litigio, io vedo un centrodestra che tiene l'Italia in Europa, perché se l'Italia sta in Europa è perché ce la tengono le Regioni del Nord».
Ma ora la destra potrebbe avere la guida.
«Mi baso su 7 anni e mezzo di lavoro quotidiano per un'Europa non autolesionista e non ideologizzata. Nella stragrande maggioranza dei casi, ho condiviso gli emendamenti con i Conservatori. Gli stessi che sostennero Tajani come presidente dell'Europarlamento, e Roberta Metsola. Ci sono pieghe che non condivido? Sì. Ci sono nel mio partito, il Ppe, figuriamoci se non ci sono fra i Conservatori o in Identità e democrazia. Ma non mi impediscono di continuare la mia battaglia».
Anche per il centro del centrodestra?
«Sì, la politica ha vicende alterne, il consenso ha una sua fluidità. Certo, vi sono cose da non guadare con troppa disinvoltura. Una certa litigiosità capricciosa che ha condotto alla conduzione maldestra della crisi non è un modello. Però si fa il processo ai partiti ma non si è capito perché dovesse essere mantenuto in vita lo stesso governo. Fra coloro che hanno voluto la crisi del governo Draghi va ricompreso lo stesso Draghi».
Quindi avanti col centrodestra anche con equilibri diversi.
«Io non ho alcuna concessione per certe stranezze anti-europee, o per certi anacronismi sovranisti, ignari di quanto il nostro Paese abbia bisogno, come l'ossigeno, di appartenere a una realtà più grande. Dico che l'assetto del nostro Paese non si è modificato, prova ne sia l'atteggiamento dei presidenti di regione, che non è mai stato incline a quelle stranezze e non penso possa esserlo in futuro».
La Lombardia va al voto. Cosa vede?
«Vedo una cosa interessante, due figure di altissimo livello che si propongono, c'è voglia di candidarsi e governare. Qui c'è un mercato florido, di là - dove notoriamente sanno fare i conti - nessuno vuole candidarsi. Qui ci sono due contendenti, di là vedo l'apatia dell'attendismo che ormai ammorba il centrosinistra».
Il rimpasto?
«È stato gestito al meglio, dando valore al merito di persone che hanno dimostrato di portare un valore aggiunto alla Lombardia. Mi complimento con la coordinatrice Licia Ronzulli».
La nuova coordinatrice è subentrata a lei, un passaggio che lei avrà vissuto con amarezza. Ma lei dice che non si prendono decisioni sull'onda delle emozioni.
«Per quel che riguarda l'avvicendamento, credo sia stato determinato da questioni decisamente interne al partito che non ho commentato allora e non commento oggi. Quanto alle decisioni, parlavo di colleghi ora che hanno fatto una scelta, motivandola, ma nel momento della crisi che non facilita decisioni lungimiranti. Meglio, più opportuno, attendere la pace».
Vale anche per Gelmini e Mattinzoli.
«Io faccio riferimento ai criteri che adotto io».
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