«Da Testori a Shammah ora porto a teatro le Memorie di Adriana»

La Asti apre la stagione del Parenti con un monologo sulla sua vita e sulla sua Milano

Antonio Bozzo

«Ho un passato di verdura», diceva l'umorista Gino Patroni, poco amico delle biografie ricche di aneddoti, verità e bugie. Non è di verdura il passato di Adriana Asti, milanese del 1931, come non lo è il suo presente e il futuro («che deve ancora cominciare», scherza, ma non troppo, la grande attrice). La sua vita è una borsa del tesoro da cui pescare. Quando Andrée Ruth Shammah ha letto, in prima edizione francese, il libro «Ricordare e dimenticare», frutto di una lunga conversazione tra Asti e René De Ceccatty, l'idea di farne qualcosa per il teatro era allo stadio germinale. Ora quel libro è lo spettacolo di apertura della stagione al Franco Parenti e della stagione teatrale milanese nel suo complesso. «Adriana è unica e geniale, mai didascalica», dice Shammah. «La donna più snob mai conosciuta. La sua forte dizione lombarda, che esagera per vezzo, mi fa impazzire. Lo spettacolo è un atto d'amore verso il teatro e Milano. Verrà da piangere a sentire come parliamo della nostra città». Prepariamoci a piangere, a ridere, a farci trascinare sulle ali della nostalgia che non è più quella di un tempo, godendoci «Memorie di Adriana» (12-23 settembre), reduce dal debutto al Festival di Spoleto, dove è stato accolto con grandissimo favore. «Conosco Andrée dagli anni '90. Interpretai la Maria Brasca di Testori, che lei diresse al Pierlombardo», dice Asti. «Shammah ha lavorato il testo con un trattamento sorprendente. La protagonista, ovvero io, viene evocata e raccontata da altre figure. Idea scenica che dà forza al tutto». Il «tutto» è la vita di Adriana Asti, ripercorsa in libertà tra ricordi, nomi famosi, sogni, disillusioni; anni intensi vissuti nello spirito del tempo, ma con uno sguardo di disincanto sugli umani affanni. Sfilano, nelle parole di Asti, i protagonisti del mondo culturale degli ultimi decenni, dallo psicoanalista Musatti ai registi Bertolucci, Visconti e Bunuel, per i quali Adriana ha lavorato. Chi ha un grande passato, si dice, può permettersi di dimenticare. L'impressione è che Asti ricordi tutto, come fosse colpita dalla maledizione di Ireneo Funes, il «memorioso» di un celebre racconto di Borges. «Nella finzione scenica» commenta Shammah, «Adriana resta chiusa in camerino. A darle voce è un doppio, uno spiritello del teatro. Sempre lei, che così prende le distanze, racconta la sua vita come fosse di un'altra. In più, ci sono il direttore del teatro, un ammiratore e altri a far da corona alla reclusa in camerino». Adriana Asti vive a Parigi, con il marito Giorgio Ferrara. In Italia viene spesso: ha una casa vicino a Recco («mi sento un po' ligure») e frequenta Roma.

«Città in profonda crisi, non come Milano che vive una rinascita», dice. «Il problema è che oggi chi governa non solo dimentica, spesso non sa. E il malcontento, legittimo, purtroppo viene messo in mano a chi farà peggio, mosso dall'ignoranza».

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