Un'organizzazione ospedaliera ad hoc, un'assistenza intensa sul territorio e un auspicio che diventa impegno: «Mai più lockdown delle cure ordinarie». Marco Trivelli, direttore generale Welfare della Regione, descrive la strategia di difesa, e di anticipo, del nemico Coronavirus che scatterà nei prossimi mesi in caso di recrudescenza dell'epidemia. Neppure i numeri registrati ieri (50 nuovi positivi in Lombardia e nessun decesso) preoccupano troppo, ma si guarda con attenzione all'autunno.
Il Piano di riordino della rete ospedaliera lombarda, presentato a luglio, riporta i provvedimenti che riguardano le strutture sanitarie. Il perno sono i 17 hub ospedalieri (uno è privato) in grado di accogliere i pazienti Covid più gravi. «La struttura - spiega il dg - è organizzata a strati. Sono cioè previsti livelli successivi di risposta, con l'attivazione per gradi di nuovi letti ordinari, di terapia subintensiva e intensiva». Questo in base alla diffusione e alla localizzazione dell'epidemia. Poi c'è la risposta territoriale, declinata su tre fronti. «Il primo - aggiunge Trivelli - è quello che chiamiamo inseguire il Covid. Vale a dire la sorveglianza attraverso gli screening. Oltre ai tamponi in presenza di casi sospetti eseguiamo test fuori dall'indicazione clinica, come ricerca epidemiologica». Un esempio sono le analisi fatte «random» in alcuni siti produttivi delle aree di Mantova, Cremona, Pavia. Ne seguiranno altri nei nodi di interscambio logistico del Lodigiano e del Cremonese. Inoltre le Ats eseguono tamponi settimanali nei Comuni in cui nei sette giorni precedenti sono stati accertati almeno due casi di positività. «Il secondo livello - continua il dirigente regionale - è lo sviluppo di una rete di sostegno ai medici di medicina generale da una parte e alle Rsa dall'altra. Saranno le singole Asst, con un'opera di consulenza, collaborazione specialistica e interscambio, ad affiancare i dottori di famiglia e le case di riposo. Puntiamo a instaurare un rapporto molto più stretto che in passato, una sorta di tutoraggio». Su questo le Ats dovranno presentare un piano entro il 15 settembre. «Infine il follow-up dei pazienti Covid. Ogni paziente dimesso dovrà essere rivisto dallo specialista della struttura in cui era ricoverato almeno una volta entro sei mesi».
L'obiettivo, sottolinea Trivelli, è di «anticipare la malattia, individuarla il prima possibile. Lavoriamo con medici di famiglia, specialisti e scienziati a una lista di sintomi al di là di quelli noti e della febbre, che in particolare nei bambini è una manifestazione fin troppo generica. Una serie di campanelli d'allarme che faranno scattare precocemente la macchina di intervento. Anticipare il nemico significa scongiurare il più possibile il ricovero o, peggio, l'arrivo del paziente in terapia intensiva». L'auspicio per l'eventuale seconda ondata critica? «Prima di tutto non comprimere più l'attività ordinaria durante l'emergenza, evitare cioè il deficit delle cure non Covid che purtroppo c'è stato nella prima ondata». Come muoversi? «La cosa più importante - conclude il dg - sarà rimettere in campo la flessibilità nel cambiamento che i nostri professionisti hanno dimostrato di avere durante i mesi peggiori. Ma con in più l'esperienza acquisita.
E creare connessioni ancora più forti tra le varie figure impegnate. Tutti i soggetti devono essere coinvolti: solo insieme saranno davvero forti ed efficaci. Compresi i cittadini, che con il loro comportamento possono fare molto».
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