Mills, l'ira di Berlusconi: sabato mi condanneranno Il Paese è in mano ai giudici

Il Cavaliere si sfoga con alcuni parlamentari in vista della sentenza sul caso Mills prevista il 25 febbraio. Annullata all'ultimo la conferenza stampa

Mills, l'ira di Berlusconi: sabato mi condanneranno Il Paese è in mano ai giudici

"Sabato mi condanneranno, è una cosa da pazzi, ormai il Paese è in mano ai giudici, tutto il mio tempo sono costretto a dedicarlo ai processi". Silvio Berlusconi non nasconde con alcuni deputati del Pdl, con cui si è soffermato a parlare oggi in aula alla Camera, tutta la sua irritazione. È da tempo che Berlusconi avrebbe voglia di dire pubblicamente quello che pensa del processo Mills e dei pm di Milano. Ed ora che la sentenza si avvicina e non promette nulla di buono, il Cavaliere fatica a trattenersi.

E' da tempo che Berlusconi avrebbe voglia di dire pubblicamente quello che pensa del processo Mills e dei pm di Milano. Ed ora che la sentenza si avvicina e non promette nulla di buono, il Cavaliere fatica a trattenersi. Del resto, anche mercoledì, durante il lungo incontro con il Professore a palazzo Chigi, l’argomento è stato più volte affrontato dal presidente del Pdl, non senza sottolineature sull'uso politicizzato che certi magistrati fanno della giustizia, sulla persecuzione giudiziaria di cui è vittima da tempo, su una sentenza, quella sul processo che riguarda il legale inglese, già scritta. 

Per Berlusconi questa sarebbe stata la giornata giusta per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, rivolgersi direttamente ai cittadini per dire la sua verità, per far conoscere alla gente il corollario di accuse false e infondate, messe in piedi, a suo dire, ad arte solo per eliminarlo definitivamente dalla scena. Nulla di concordato preventivamente, viene spiegato da fonti Pdl che hanno parlato più volte con Berlusconi nel corso delle ultime ore, ma quella frase buttata là con i giornalisti alla Camera, dopo il voto di fiducia sul Milleproroghe - "sul processo Mills parlo dopo. Forse questa sera farò una conferenza stampa" - rispecchia quella che è la vera intenzione del Cavaliere: dire la sua e dimostrare di essere vittima di una vera e propria strategia persecutoria.

L'appuntamento con la stampa annunciato da Silvio, però, ha creato subito scompiglio con i suoi più stretti collaboratori, quelle colombe che da mesi e soprattutto nell'ultimo periodo al governo, gli hanno sempre consigliato un atteggiamento pacato, low profile, per non infuocare il clima. Insomma, di mantenere una linea responsabile, senza attacchi frontali alla magistratura. Le colombe, tra cui l'ex sottosegretario Gianni Letta e lo stesso segretario Angelino Alfano, non sempre sono riuscite a convincere il Cavaliere, che si sente stretto nella morsa del trappolone che gli ha teso la magistratura di Milano.

Così, nel corso di questo giovedì, l'ex premier avrebbe più volte insistito per convocare in serata una conferenza stampa, e in parallelo è iniziato il pressing dei fedelissimi su Berlusconi. E alla fine Berlusconi ha convenuto con i suoi consiglieri di rimandare casomai a dopo la sentenza, attesa per sabato, ogni commento. Secondo alcuni parlamentari Pdl anche Ghedini e Longo avrebbero invitato il loro assistito a desistere dall’intenzione di parlare alla nazione per non indispettire ulteriormente quei giudici che già reputa ostili. Secondo alcuni consiglieri del Cav, inoltre, parlare all'Italia della magistratura nei giorni della crisi economica e dei sacrifici avrebbe potuto anche essere una mossa controproducente, perché la lotta ai pm politicizzati non sta in cima ai pensieri della gente.

E c'è, sempre tra le colombe berlusconiane, chi ha suggerito al Cavaliere di non correre il rischio di far storcere il naso al governo e al Professore, al quale Berlusconi è tornato a chiedere una sponda, un interessamento in materia di giustizia.

In altre parole, meglio alzare il tiro su altri temi, sostiene un ex ministro vicino a Berlusconi citato dall'agenzia di stampa Agi ma che mantiene l'anonimato, ugualmente stringenti e cari al Pdl e al suo leader, come la Rai, le nuove nomine al vertice ma anche la partita sulla futura governance. Meglio, è ancora il ragionamento dell'ex ministro azzurro, mantenere l’asse con il governo e puntare sulla spaccatura del Pd, messo a dura prova dalla riforma del lavoro.

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