Mimmo Strati: "Così in teatro parlo col pubblico"

Incontriamo Mimmo Strati, attore, doppiatore e autore di teatro e cabaret. Del suo Cyrano, dacci una mano abbiamo già parlato, adesso vogliamo sapere di più di lui, della sua attività

Mimmo Strati: "Così in teatro parlo col pubblico"

Incontriamo Mimmo Strati, attore, doppiatore, speaker della trasmissione Geo & Geo, SuperQuark, autore di teatro e cabaret. Del suo Cyrano, dacci una mano abbiamo già parlato, adesso vogliamo sapere di più di lui, della sua attività.

Chi vi produce?

"Mi produco da solo, con l'appoggio dell'assessore Luisa Mariani, molto attenta al teatro e alla nostra Compagnia."

Quando si è formata?

"Nel 2007, il nostro primo spettacolo al teatro de' servi, una rivisitazione moderna del Romeo e Giulietta di Shakespeare. Rivisitazione fedele allo spirito dell'autore, nel rispetto del testo, ma contestualizzato in una scuola di una borgata romana. Il mio teatro vuole essere divulgativo, in un certo senso."

Com'è fare teatro per un doppiatore?

"Beh, io parlo per me. Ho iniziato nel '93-94 con il Cabaret. Adoro il pubblico, quando scrivo penso sempre che ci sarà qualcuno a sentire dall'altra parte. In teatro, tu parli al pubblico, ma in un certo qual modo, anche il pubblico parla con te."

E il doppiaggio?

"Un lavoro tecnico. Molti doppiatori, è vero, tralasciano la vena artistica in nome del cachet, del turno, dell'impiego. Io sono in bilico fra il teatro e il doppiaggio e ti posso assicurare, ce ne sono tanti di doppiatori, che con vigore e con forza amano tanto il teatro."

Cosa consiglieresti a un giovane che volesse fare doppiaggio?

"Di fare il teatro."

E ad un altro che vuole fare il teatro?

"Di pensarci bene. Due o tre anni di studio. Dei buoni insegnanti, una buona scuola. La consapevolezza che si troverà difronte a tante sconfitte, porte chiuse, amarezze e nonostante questo gli consiglierei di andare avanti."

Prossimi progetti?

"Un Ventaglio di Goldoni in una Roma del Settecento.

Cos'è per te la Compagnia di teatro?

"Una famiglia."

È dura produrre uno spettacolo oggi?

"Per chi, come noi, non ha nessun aiuto in termini di finanziamenti, sostegni d'ogni genere, è durissima. Viviamo solo d' incassi, di biglietti venduti, qualche scuola, trovata nel tempo faticosamente. Mai esagerare dal punto di vista produttivo. Col tempo ho imparato a fare i conti."

Come convinci il pubblico a venire? Che tipo di pubblicità fai allo spettacolo?

Con il doppiaggio ho avuto la fortuna di conoscere amici nelle emittenti radiofoniche. Mi faccio fare un preventivo. Per il teatro ho notato che funziona anche l'affissione cartellonistica parapedonale, manifesti, locandine."

Come orienti la comunicazione per far venire la gente a vedere il tuo spettacolo?

"Nei manifesti metto un'immagine che alluda, che incuriosisca lo spettatore. Ma i radio comunicati sono più divertenti. Faccio dei veri spot, come i trailer di un film, giocando molto sulla mia voce da speaker. Il codino dello spot è : tutto questo solo a teatro! Il teatro è il vero 3d. Poi cerco sempre di fare prezzi popolari. Questo è importante. La gente è molto attenta a quanto costa il biglietto. Lo ripeto: non ho finanziamenti d'altro genere."

Il teatro ufficiale ti snobberà, penseranno che fai un B movie. Tu cosa pensi?

"Dal mio provino all' Accademia, da quel 'no' all'ammissione, solo perchè non ho risposto a una domanda complicatissima su dei pittori francesi, ma c'avevo vent'anni! I pittori francesi... domanda di cultura generale... mah, ho sempre nutrito da allora una certa diffidenza per i contesti ufficiali. Intendiamoci, ho fatto anche l'aiuto regista a Luigi Squarzina, ma io ce l'ho con quelli che prendono un sacco di soldi e, che vada bene o male lo spettacolo, a loro non interessa. Ma come si fa ad essere indifferenti quando hai due persone in sala?"

Poi, da quel provino che fine hai fatto?

"Una scuola col nome di Mario Riva, gratuita. Ero il primo, per i voti di ammissione. Io sono figlio di nessuno. Mio padre era impiegato al Ministero del Tesoro, mamma maestra. Non sono mica uno inserito."

Tornando al teatro cosiddetto ufficiale, come stai vedendo l'evolversi dell' occupazione del Valle? Te lo chiedo perchè nel tuo spettacolo, i ragazzi protagonisti occupano il teatro S.Giacomo, che d'ora in avanti si chiamerà " Teatro S.Giacomo Occupato".

(ride) "Ah, si...e come la vedo? Avrei auspicato uno sviluppo più forte, più evidente. Facile dire occupiamo! Poi? Che proposta c'è? È uno spazio per pochi eletti. Quando auspico più coraggio, voglio dire anche più coraggio nel fare cose meno intellettuali. Che fastidio, quando nel teatro, hai la sensazione che qualcuno davanti a te, si stia mettendo in cattedra."

E quando vai a parlare con gli assessori?

"La percezione che ho, è che inizialmente ci sia una bella curiosità. La Cultura sembra interessare.

Poi scopri l'arcano. Non ti pagano, o ti pagano solo il viaggio. Volevo fare un laboratorio per una circoscrizione, qui, a Roma. Mi hanno detto: beh, naturalmente a titolo gratuito. Mica campo d'aria. Noi teatranti mica campiamo d'aria."

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