Mina incanta l’Ariston. Ma Grillini contro Povia rovina la festa a tutti

La cantante apre il Festival con "Nessun dorma". Polemiche per la canzone sui gay difesa da Bonolis

Mina incanta l’Ariston. Ma Grillini contro Povia rovina la festa a tutti

Sanremo - Solo per ascoltare la sua voce, valeva la pena accendere il televisore sul primo canale e assistere a una parte del Festival. Mina in apertura di serata ha intonato il Nessun dorma della Turandot di Puccini e dalle prime note si è capito che questo Festival, nel bene e nel male, qualche cosa lascerà. Invisibile da anni, l’immagine della cantante è apparsa in un videoclip di tre minuti in cui si è vista vestita di nero, con i capelli raccolti e i grossi occhiali scuri. Un viaggio nella musica del Novecento ispirato al film Contact di Zemeckis in cui lei si mostra per pochi istanti, come ha fatto del resto negli ultimi trent’anni. Una apertura insolita per Sanremo, con un omaggio al belcanto e a uno dei nostri più grandi compositori, ma coerente con l’impronta che Bonolis ha voluto dare a questa kermesse: un cocktail di diversi generi artistici, dalla musica, alla danza alla recitazione. Una «molteplice declinazione dell’arte in tutte le sue letture», ha spiegato con il suo linguaggio contorto il presentatore. Che ha esordito in apertura di serata raccontando a una bambina seduta accanto a lui un bignami della storia della musica. E ha proseguito negli assurdi sketch con il sodale di sempre Luca Laurenti, che si è esibito addirittura in That’s Life di Sinatra.
Insomma, il Festival di quest’anno è una somma di cantanti in gara, intervallati da modelle, attori, star della musica, della Tv e del cinema. Ieri è toccato prima di tutto a Benigni: trenta minuti divertenti ma a bersaglio unico: Berlusconi. Rinfocolando così le polemiche che si sono scatenate negli ultimi giorni sulla richiesta dell’attore, alla fine accettata dalla Rai, di gestire in proprio (in esclusiva per vent’anni) le immagini delle sue vecchie apparizioni sulla Tv pubblica per trasformarle in dvd e custodirle in una fondazione.

Gli altri personaggi di contorno: Alessia Piovan, l’attrice che chi ha visto il film La ragazza del lago ricorda distesa nuda immobile vicino all’acqua, morta alla prima scena e sul cui omicidio indaga Toni Servillo. Per la bella piacentina una apparizione innocua che scivola via. Lo stesso dicasi per l’altrettanto appariscente Paul Sculfor, supermodello che con le «declinazioni» dell’arte collima perfettamente. E poi la star nascente Katy Perry, la giovane ed effervescente cantante di Los Angeles che ha conquistato il mondo del pop con il disco di debutto Ur So Gay.

E ovviamente i sedici cantanti in gara. Il brano che continuerà a fare polemiche è quello di Povia Luca era gay: dopo averlo ascoltato (parla di un ragazzo con una madre possessiva e un padre assente che diventa gay e dopo aver incontrato il «vero» amore si sposa con una donna), subito Franco Grillini dell’Arcigay seduto in platea ha chiesto la parola a Bonolis difendendo l’amore omosessuale, così come aveva fatto poco prima Benigni. Da stamane le associazioni omosessuali saranno ancor di più sul piede di guerra. E poi nella serata si è passati dal brano sbarazzino di Marco Carta, a quello più lirico di Francesco Renga, al qualunquismo di Marco Masini con la sua Italia, all’amore unico di Dolcenera, alla lagna retorica di Fausto Leali. Ancora: la sorpresa Tricarico con una canzone che potrebbe diventare un tormentone, il rock alternativo degli Afterhours, la classe di Patty Pravo con un brano che fa molto parisienne e l’amore senza sesso, ridicolizzato da Benigni, di Iva Zanicchi. Tra le nuove proposte si sono distinte Malika con un testo maturo e Simona Molinari quasi swing. Da risentire Irene, la figlia di Zucchero che si riproporrà giovedì insieme al più noto padre.

A votarli una giuria di trecento persone presenti in galleria all’Ariston: hanno già eliminato i primi tre: Afterhours, Tricarico e Zanicchi (uno verrà ripescato). E chissà se rimarrà qualcosa di tutto questo, perché «a che serve passare dei giorni se non si ricordano?» come ricorda Bonolis citando Cesare Pavese.

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